Wolfgang Laib – uno dei protagonisti della ricerca contemporanea in arte – dialoga con i grandi maestri del passato, Filippo Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Benozzo Gozzoli e Beato Angelico, dando vita, all’interno del centro storico fiorentino, ad una delle mostre personali più estese degli ultimi anni. Le sue sculture, dal linguaggio minimale e astratto realizzate con materiali naturali come la cera d’api e il polline, saranno installate per la prima volta in quattro luoghi di straordinario valore storico artistico: Museo di San Marco (Polo Museale della Toscana), Cappella dei Magi (Palazzo Medici Riccardi), Cappella Rucellai (chiesa di San Pancrazio, Museo Marino Marini) e Cappella Pazzi (Complesso Monumentale di Santa Croce), in una relazione giocata tutta sulla sensibilità e sulle sottili percezioni tra il visibile dell’arte e l’invisibile dello spirito, che lega idealmente la magnificenza rinascimentale con la ricerca artistica contemporanea.
La mostra Without Time, Without Place, Without Body, curata da Sergio Risaliti e prodotta da Museo Novecento, sancisce l’identità progettuale dell’istituzione che estende la sua azione scientifica e culturale al di fuori degli spazi in piazza Santa Maria Novella, in una concezione di museo diffuso che lo rende unico nel panorama nazionale. L’esposizione, nata in collaborazione con Città Metropolitana di Firenze – Palazzo Medici Riccardi, Museo di San Marco – Polo museale della Toscana, Museo Marino Marini, Opera di Santa Croce, Fondo Edifici di Culto – Ministero dell’Interno, inaugurerà al pubblico il 25 e 26 ottobre, offrendo ai cittadini e ai turisti la possibilità di vivere la città non come vetrina o come culla del Rinascimento, ma come laboratorio della contemporaneità, abolendo la distanza tra il passato storico e il presente artistico.
“Un artista contemporaneo ‘invade’ alcuni dei più prestigiosi e illustri luoghi culturali di Firenze per una mostra diffusa che ci invita a riflettere sulla potenza della natura e sulla complessità dello spirito – commenta Tommaso Sacchi, assessore alla cultura del Comune di Firenze -. Ci accostiamo all’arte e alla ricerca di Wolfgang Laib con la curiosità di vedere le sperimentazioni materiche e gli elementi naturali, basilari ma non per questo meno nobili, con cui ha creato le sue opere. Come Comune non possiamo che condividere poi la scelta di mettere insieme istituzioni diverse: è questa collaborazione e questa disponibilità reciproca che rendono sempre più grande la città e più fruibili i suoi luoghi”.
“Wolfgang Laib – ricorda Sergio Risaliti, direttore artistico Museo Novecento – è conosciuto nel mondo per le sue opere minimali ma di grande potenza simbolica, arricchite dalla forza comunicativa e sensoriale degli elementi naturali che le compongono: polline, miele, latte, riso e cera d’api. Artista dello ‘spirituale nell’arte’ e nella vita, Laib unisce nel suo quotidiano e nella sua pratica creativa l’Oriente con l’Occidente. In un tempo come il nostro in cui l’umanità intera sta cercando una via d’uscita al disastroso rapporto dell’uomo con la natura, della tecnologia con la vita sul pianeta, ecco che l’arte di Laib si offre come risposta reale alla ridefinizione dell’umanesimo in una prospettiva non esclusivamente antropocentrica”.
“Per la prima volta – afferma Stefano Casciu, direttore del Polo Museale della Toscana – due delle celle dell’antico convento domenicano di San Marco, progettato da Michelozzo ed affrescato dal Beato Angelico, si aprono all’incontro con un artista contemporaneo. L’intensa spiritualità di questi luoghi, esaltata dalle raffinatissime pitture dell’Angelico, è riecheggiata nelle sottili creazioni di Laib e i colori delicati del polline e della cera d’api colloquiano, in un accordo musicale, con le tonalità paradisiache degli affreschi del frate pittore. Occasione unica, forse irripetibile, di unione nel nome dell’arte che arricchisce e completa le celebrazioni per i 150 anni del Museo”.
“Laib unisce il tratto e il tatto articolato e gentile della natura alla delicatezza della creazione artistica – osserva Giovanni Bettarini (Città Metropolitana di Firenze) – In un certo senso ribalta l’idea stessa di ‘contaminazione’ perché cera, miele, riso, da lui modellati sono elementi puri e non invasivi, quasi elementi arricchenti di contesto in cui l’arte depositata e esposta dialoga con quella che fa da trama alla natura”
“La presenza di Wolfang Laib nella Cappella Pazzi si inserisce in un nuovo percorso che nasce da un accordo pluriennale tra l’Opera di Santa Croce e il Comune di Firenze – sottolinea la presidente dell’Opera di Santa Croce Irene Sanesi – Vogliamo intensificare il dialogo con la città e con i visitatori collegando identità e contemporaneità, proponendo sintesi originali tra passato e presente, guardando al futuro attraverso connessioni finora inesplorate”.
All’interno della Cappella Pazzi del Complesso Monumentale di Santa Croce Laib esporrà Without Beginning and Without End, un’opera iconica, un grande Ziggurat realizzato in cera d’api, tra le forme simboliche utilizzate in molti dei suoi lavori. Il Museo di San Marco invece ha eccezionalmente acconsentito ad esporre per tre giorni due opere realizzate in polline all’interno della cella affrescata dal Beato Angelico con l’immagine del Noli me tangere e di quella universalmente conosciuta come la cella di Cosimo il Vecchio. Evento eccezionale nell’evento, sarà la prima volta infatti che un artista vivente potrà installare, anche se solo per un brevissimo periodo, le proprie creazioni in un luogo di così alto valore artistico, culturale e spirituale. Le cappelle del Sacello Rucellai (chiesa di San Pancrazio, Museo Marino Marini) e la Cappella dei Magi di Palazzo Medici Riccardi, ospiteranno rispettivamente Towers, opera inedita realizzata in cera d’api e Pollen from Hazelnut, opera realizzata in polline posizionata all’interno della scarsella sopra all’altare. Il progetto ideato da Wolfgang Laib per Firenze coinvolge spazi di straordinario valore storico-artistico in un dialogo che coniuga l’arte, l’architettura, la storia, l’economia e la spiritualità della città. L’artista si conferma così un grande artista del nostro tempo, capace di legare la spiritualità e l’arte, l’antropologia e la teologia attraverso secoli di storia.
Le opere
Museo di San Marco
Per la prima volta nella storia del luogo, un artista contemporaneo varca la soglia delle celle del convento, cuore del Museo di San Marco, e si pone in dialogo con le pitture del Beato Angelico dipinte tra il 1436 e il 1446. Laib interviene all’interno della celletta con l’affresco del Noli me Tangere e di quella di Cosimo il Vecchio affrescata con l’Adorazione dei Magi, entrando nella sacralità del luogo con tutta la delicatezza, l’evanescenza e la fragilità materiale delle sue opere. Il polline, setacciato per terra o raggruppato a formare una montagna, ha un intenso colore giallo che richiama la quintessenza della purezza spirituale, quella del colore luce che caratterizza anche i dipinti dell’artista rinascimentale. L’opera d’arte si carica di un significato simbolico che la porta ad esistere oltre le coordinate spaziali e temporali: Without Time, Without Place, Without Body, come suggerisce il titolo della mostra. Raramente si assiste a un incontro così profondo tra un artista di oggi e quello di ieri. Il linguaggio dello spirito e quello dell’arte si fondono e si riconoscono affini superando ogni differenza e distanza tra epoche storiche e culto religioso. Il Museo di San Marco nel 150simo anniversario della sua fondazione ha eccezionalmente acconsentito ad esporre, per tre giorni, due opere realizzate in polline all’interno della cella affrescata dal Beato Angelico con l’immagine del Noli me tangere e di quella universalmente conosciuta come la cella di Cosimo il Vecchio.
Cappella Magi / Palazzo Medici Riccardi
All’interno della Cappella Magi, Laib espone un’opera realizzata in polline posizionata all’interno della scarsella sopra all’altare. In linea con la sua ricerca e in dialogo con le installazioni ospitate all’interno del Convento di San Marco, l’opera ripropone un linguaggio minimalista risultato di una pratica che procede per sottrazione e semplificazione, ma che si arricchisce di numerosi rimandi simbolici. “Una piccola montagna di polline appare circondata da una delle opere più incredibili della storia dell’arte europea – che”, afferma Laib” è anche una raffigurazione del Potere a cavallo – e rappresenta potenzialmente l’origine del mondo vegetale, l’avvio alla vita”. Nella sua densità e concentrazione di significati, l’installazione dialoga con un luogo dedicato al ritiro, alla preghiera e alla meditazione, in cui però vengono ad esaltarsi il potere e l’opulenza di una stirpe al centro della storia di Firenze, della Chiesa, del mondo intero. Oltre la magnificenza delle vesti e dei colori del corteo, l’opera sembra dialogare con il piccolo figlio di Maria disteso umilmente su un prato fiorito, vero re del mondo.
Cappella Rucellai / Museo Marino Marini
All’interno della Cappella Rucellai – nata nella seconda metà del Quattrocento all’interno della chiesa di San Pancrazio (attuale sede del Museo Marino Marini) che vede al suo interno il sacello del Santo Sepolcro, gioiello dell’architettura di Leon Battista Alberti – Wolfgang Laib presenta un’opera inedita composta da un gruppo di torri realizzate in cera d’api posizionate sull’altare marmoreo. Come negli Ziggurat, l’artista ricorre a semplici forme geometriche, sintetiche ed essenziali, che con varie altezze rimandano ad un’ideale ascensione verso l’alto. Il dialogo tra le piccole sculture e l’architettura che le ospita sembra essere giocato tutto su un’idea di trascendenza, di transizione da una condizione terrena ad una più spirituale. Se il sarcofago rinascimentale ripara e isola il corpo oltre la vita, Laib sembra ricorrere all’utilizzo della cera d’api, non solo per l’estrema duttilità ed intrinseca luminosità del materiale, ma anche per le sue proprietà lenitive e protettive, note all’uomo fin dall’antichità.
Cappella Pazzi / Complesso Monumentale di Santa Croce
La costruzione monumentale di Laib si erge al centro della cappella commissionata dalla famiglia Pazzi a Filippo Brunelleschi nel 1429-30 accanto alla Basilica di Santa Croce: una grande piramide fatta di scalini non praticabili ma che suggeriscono un’immaginaria ascensione verso l’alto. Gli Ziggurat fanno parte di una serie di lavori avviati dall’artista nel 1995 che attingono alla semplicità e linearità delle architetture religiose orientali, come templi e tombe. L’artista rivisita in chiave simbolica alcuni archetipi architettonici, come la scala e la piramide. La scultura, interamente rivestita di preziosa cera d’api, suggerisce una simbiosi totale tra opera d’arte e natura. Come nelle installazioni con il polline, il legame con il mondo naturale è imprescindibile all’esistenza dell’opera, poiché l’artista non crea dal nulla ma raccoglie e organizza sotto altra forma gli elementi naturali, ricchi di proprietà benefiche e lenitive per il corpo e lo spirito. Nelle sue sculture Laib riduce la forma all’essenzialità, questo processo di semplificazione è il primo passo verso una conoscenza totale che passa attraverso l’osservazione di ciò che ci circonda e la meditazione, tra visibile e invisibile. Con questo progetto l’Opera di Santa Croce, consapevole della sua identità profondamente radicata nel tempo, ha deciso di avviare un nuovo percorso di confronto con i linguaggi contemporanei che consenta di vivere i suoi spazi storici al presente, partecipando alla costruzione del suo futuro.
Il Complesso monumentale di Santa Croce è patrimonio del Fondo Edifici di Culto – Ministero dell’Interno e del Comune di Firenze.
Wolfgang Laib è nato a Metzingen nel sud della Germania nel 1950. Si avvicina all’arte dopo gli studi in medicina e nel 1975 realizza la sua prima Milkstone, una lastra di marmo bianco ricoperta di latte. Nel 1977 comincia a raccogliere polline nei campi attorno alla sua residenza, avviando una “pratica” che diventerà una pietra miliare della sua produzione artistica. Negli anni successivi, tra il 1978 e il 1981, presenta i suoi famosi quadrati di polline in varie mostre personali in Germania, in Italia, in Svizzera e negli Stati Uniti. Nel 1982 partecipa a Documenta 7 curata da Rudi Fuchs e alla Biennale di Venezia. In seguito ad un lungo viaggio che compie in quegli anni in India, inserisce il riso all’interno delle sue opere realizzando The Rice Meals for the Nine Planets e, in seguito, le prime Rice Houses. Sue mostre si sono svolte in musei, rassegne e istituzioni artistiche in tutto il mondo tra cui: l’ARC di Parigi, il CAPC Musée d’Art Contemporain di Bordeaux, la Biennale di Sidney, il Toyota Municipal Museum, il National Museum of Modern Art di Tokyo, il National Museum of Contemporary Art di Seul, la Fondation Beyeler di Basilea, il Macro di Roma, il complesso di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna, il Kunstmuseum di Bonn, il Reina Sofia di Madrid, il Musée de Grenoble, il MoMA di New York e il Centre Pompidou a Parigi.
Le opere nel Complesso Monumentale di Santa Croce a Palazzo Medici Riccardi e in San Pancrazio (Museo Marino Marini) resteranno visibili fino al 26 gennaio, mentre le due installazioni, ospitate eccezionalmente in due celle del Museo di San Marco, potranno essere ammirate solo nelle giornate del 25, 26 e 27 ottobre.