“Più giovane” il Dante di Andrea del Castagno grazie al restauro dell’Opificio delle Pietre Dure

Il ritratto di Dante del pittore del Rinascimento toscano Andrea del Castagno, custodito dalla Galleria degli Uffizi, ritrova la sua naturale giovinezza grazie al restauro dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.

L’affresco – uno dei più noti volti dell’Alighieri nella storia dell’arte – presentava in origine un’immagine serena e pacata del poeta, diversa da come si presentava prima. ll progressivo deposito di sedimenti sulla superficie pittorica e i successivi interventi e ritocchi avevano infatti scurito ed appesantito il cromatismo dell’opera, dandole un aspetto da “dipinto a olio “. L’offuscamento dei colori aveva avuto inoltre l’effetto di invecchiare il volto di Dante, che risultava così ben più cupo e accigliato del suo aspetto originario.

Il restauro condotto dalle specialiste dell’Opificio è partito da un’approfondita ricerca sull’affresco e da un’analisi scientifica della tecnica esecutiva e dello stato di conservazione mediante tecniche di diagnostica non invasiva (in particolare utilizzando riprese fotografiche nelle varie lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico, indagini ottiche a scansione con strumentazione Multi-VIS-NIR dell’Istituto Nazionale di Ottica del CNR, indagini micro-invasive per la diagnostica dei materiali e per la caratterizzazione delle casistiche conservative). Il risultato ha ripristinato nell’opera la leggerezza tipica della pittura murale, riscoprendo un volto di Dante luminoso ed animato da una freschezza quasi giovanile, finora del tutto inedita.

L’intervento, sostenuto dalla Signora Linda Balent dei Friends of the Uffizi Galleries, è durato circa sei mesi: avvenuto sotto la supervisione della direttrice del settore pitture murali dell’Opificio Cecilia Frosinini, è stato eseguito dalle restauratrici Sara Penoni e Cristiana Todaro.

Il ritratto di Andrea del Castagno sarà presto protagonista della grande mostra ‘Dante – La visione dell’arte’, organizzata a Forlì dalla Fondazione Cassa dei Risparmi della città romagnola insieme alle Gallerie, che concedono in prestito circa cinquanta opere, nell’ambito delle celebrazioni per il Settecentenario della morte del padre della Divina Commedia. Non solo: al termine della mostra l’affresco staccato verrà esposto a Castagno d’Andrea, nel comune fiorentino di San Godenzo, paese natale dello stesso pittore Andrea del Castagno e luogo dantesco per eccellenza, in quanto fu proprio qui che l’Alighieri, esiliato da Firenze, decise di accettare il provvedimento dei fiorentini contro di lui e di non tornare nella sua città (dove, in tutta probabilità, sarebbe stato giustiziato) lasciando così per sempre le terre della sua Toscana.

Andrea del Castagno “Ritratto di Dante”

UN PO’ DI STORIA

In una villa suburbana nei pressi di Legnaia, oggi nell’immediata periferia di Firenze, Andrea del Castagno (Castagno di San Godenzo, Firenze 1421 circa – Firenze 1475) aveva dipinto tra 1447 e 1449 un ciclo di affreschi raffiguranti nove Uomini e Donne illustri. Tra questi tre condottieri (Pippo Spano, Farinata degli Uberti e Niccolò Acciaioli), tre donne sapienti (la Regina Ester, la Regina Tomir e la Sibilla Cumana) e infine la triade dei poeti, Dante con Petrarca e Boccaccio. Inoltre, ancora in loco, in una parete sono visibili Adamo ed Eva accanto alla Madonna con il Bambino, sotto un baldacchino. La presenza di Adamo ed Eva è giustificata dal fatto che, come già nell’opera De mulieribus claribus di Boccaccio, il concetto di uomini e donne illustri derivasse in definitiva proprio dal peccato originale, che costrinse gli esseri umani a guadagnarsi onore e salvezza con il lavoro. Si trattava di una decorazione che aveva insigni precedenti legati alla celebrazione delle virtù civiche attraverso le gesta di personaggi esemplari, qui raccontata in una declinazione tutta fiorentina, cioè l’eccellenza nelle lettere come elemento fondamentale di dignità e grandezza civile. L’importanza del ciclo di Andrea del Castagno, oltre che all’altissima qualità dell’impresa pittorica, è dovuta al fatto che è l’unico tipo giunto fino a noi commissionato per una dimora privata: la Villa, conosciuta come Carducci Pandolfini, era appartenuta a Filippo Carducci, che aveva ricoperto a Firenze importanti cariche pubbliche tra cui quella di Gonfaloniere di Giustizia. L’artista aveva costruito uno spazio fortemente illusionistico: le figure erano inserite in un’architettura dipinta, entro nicchie rettangolari classicheggianti, rivestite di porfido e marmi vari. Le nicchie erano scandite da paraste corinzie che sostenevano una trabeazione (parzialmente ancora esistente) sormontata da un attico con putti, ghirlande e stemmi. Le paraste, i capitelli e l’architrave sono ornati da cardi stilizzati, in riferimento al nome Carducci. La sorte ciclo degli Uomini e Donne Illustri di Andrea del Castagno fu strettamente legata alle vicende storiche della Villa Carducci Pandolfini. Infatti, probabilmente a causa di un cambio di destinazione d’uso degli ambienti, in epoca non precisata gli affreschi furono coperti da imbiancature. Di essi purtroppo si perse memoria per lungo tempo, fino alla loro riscoperta avvenuta intorno al 1847, in coincidenza con la riedizione delle Vite del Vasari. Nel 1850, quando la Villa era di proprietà di Margherita Rinuccini e di suo marito Giorgio Teodoro Trivulzio, le pitture furono staccate dal supporto murario con un intervento di strappo eseguito dall’ ‘estrattista’ emiliano Giovanni Rizzoli e destinate alla vendita. Fortunatamente nel 1852 furono acquistate dagli Uffizi che, forse più di ogni altro luogo, offrono una persistente visione della storia come “celebrazione di uomini illustri” (basti pensare ai ritratti della serie Gioviana, della serie Aulica e di quella Iconografica, fino ai celebri autoritratti). Un concetto ancor più importante nel momento in cui il progetto tormentato dell’Italia Unita ridestava il culto per i ‘maggiori’ e poneva i personaggi di Andrea del Castagno in un ideale dialogo con le statue collocate tra 1835 e 1856 nelle nicchie del loggiato vasariano, raffiguranti toscani illustri. Questo legame fu accentuato dal 1966 con la collocazione degli affreschi staccati negli ambienti della ex chiesa di San Pier Scheraggio (il luogo dove, nell’anno 1300 circa, lo stesso Dante interveniva in qualità di consigliere cittadino) dopo una parentesi al Bargello e a Santa  Apollonia, accanto al Cenacolo dello stesso Andrea.

Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: “Si tratta dell’immagine forse più famosa di Dante, un’icona che si lega alla cultura e allo spirito italiani. Ancora più significativo è il fatto che il restauro sia stato finanziato Linda Balent, dei Friends of the Uffizi Galleries, il ramo americano degli Amici degli Uffizi. Perché Dante è infatti anche un poeta universale, e la sua opera è attuale ovunque nel mondo”.

 Il soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure Marco Ciatti: “L’Opificio delle Pietre Dure, nell’ambito della collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, è reintervenuto sull’immagine di Dante di Andrea del Castagno che rappresenta, insieme alle altre figure del ciclo di Villa di Legnaia, un importante restauro storico. Per questo il nostro progetto di ricerca ha riguardato le condizioni attuali dell’opera, adesso risanata, ma ha anche comportato un approfondimento utile per la storia del restauro”.

CENNI BIOGRAFICI SU ANDREA DEL CASTAGNO

Andrea di Bartolo di Bargilla, detto Andrea del Castagno (Castagno, 1421 – Firenze, 1457), fu uno dei protagonisti indiscussi della pittura fiorentina della metà del Quattrocento, insieme a Beato Angelico, Filippo Lippi, Domenico Veneziano e Paolo Uccello. Il suo stile rivela l’influenza di Masaccio e Donatello, dei quali studiò la resa prospettica e gli effetti plastici e drammatizzanti del chiaroscuro, con esiti di  realismo esasperato, quasi espressionista nelle fisionomie dei personaggi e nelle loro pose scattanti.

 

 

 

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