Politico, letterato, umanista, scrittore, Leonardo Bruni è stata una figura di primo piano per la cultura del Quattrocento. Nato ad Arezzo tra il 1370 e il 1375 morì a Firenze il 9 marzo del 1444 a lui fu dedicato un monumento funebre nella Basilica di Santa Croce realizzato da Bernardo Rossellino che lo ritrasse con in mano una copia delle sue Historie Florentini Populi, l’opera la cui stesura lo accompagnerà per tutta la vita e sulla testa la corona poetica. Una mostra alla Biblioteca Medicea Laurenziana dal titolo “Leonardo Bruni. L’Umanesimo a Firenze” lo celebra con l’esposizione di sessanta manoscritti tutti conservati nella monumentale istituzione fiorentina, la cui costruzione iniziò per opera di Michelangelo per concludersi grazie a Bartolomeo Ammannati e Giorgio Vasari e poi aprirsi al pubblico l’11 giugno del 1571.
Curata la Prof. Paolo Viti, la mostra è stata inaugurata nei giorni scorsi alla presenza della direttrice della Biblioteca la D.ssa Ida Giovanna Rao e dal prof. Claudio Biggio e rimarrà a aperta al pubblico fino al 5 gennaio. Trasferitosi a Firenze forse nel 1395, Leonardo Bruni ebbe un valido riferimento nel cancelliere della Repubblica Coluccio Salutati e nella sua cerchia, seguì le lezioni di Manuele Crisolora ed imparò il greco insieme a Poggio Bracciolini, Iacopo Angeli, Roberto Rossi. Iniziò a tradurre dal latino opere rilevanti di carattere politico come il Fedone di Platone, il De Tyranno di Senofonte, essenziali nel suo programma politico e culturale. Con l’intento di celebrare la città di Firenze scrisse la Laudatio fiorentine urbis, in cui la città è vista come esempio di armonia e convivenza e anche i Dialogi ad Petrum Paulum Histrum sono una testimonianza di elogio di Firenze nel tentativo di mediare la cultura precedente caratterizzata dalla poesia volgare di Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio con lo spirito innovatore frutto della tradizione classica.
Nel 1405 ti trasferì a Roma alla curia pontifica come scrittore apostolico e nel marzo del 1409 fece ritorno a Firenze. In seguito tornò a Roma per rimanervi fino al 1415, ilo 26 giugno del 1416 gli fu concessa la cittadinanza fiorentina e ripresi gli studi di dedicò alle traduzioni di greco e alla compilazione delle Historie florentini populi la sua opera più esemplare. La storia suddivisa in dodici libri ha inizio dalle origini romane ai tempi di Silla e arriva fino al Quattrocento e vengono applicati i principi i principi esposti nella Laudatio fiorentine urbis che celebra il senso della libertà fiorentina e il suo ruolo nell’Italia contemporanea. L’opera sarà poi tradotta in volgare e diffusa grazie alla stampa veneziana del 1473. Il 27 novembre del 1427 sarà eletto cancelliere della Repubblica di Firenze, carica che conserverà fino alla sua morte, una condizione questa che unita ai rapporti personali intessuti con i pontefici, in particolare con Martino V , Eugenio IV che gli consentirono di superare indenne anni turbolenti, come il 1433- 1434 che videro prima l’esilio e poi il ritorno di Cosimo de’ Medici. Importante anche fu il suo ruolo in occasione del Concilio che era stato trasferito a Firenze e che il 9 luglio del 1439 sancì l’unione tra la Chiesa latina e la Chiesa greca, per i partecipanti infatti compose in greco Sulla Costituzione della Repubblica fiorentina per spiegare il sistema di governo di Firenze, né aristocratico, né democratico.
Come cancelliere predispose un numero infinito di lettere con le quali affrontò i diversi problemi della politica fiorentina e italiana e tradusse alcuni testi di particolare importanza come le Epistole di Platone dedicate a Cosimo de’ Medici, il Simposio di Platone, la Politica di Aristotele che offrì a Papa Eugenio IV. Scrisse anche alcune biografie come la Vita Ciceronis , la Vita Aristotelis e nel 1436 le Vite di Dante e del Petrarca in volgare con cui rilanciò la cultura fiorentina messa a rschio da una nuova guerra con il Ducato di Milano. Oltre alla carica di cancelliere della Repubblica Fiorentina fu membro dei Dieci di Balia tra il 1439 e il 1440 e del priorato nel 1443, oltre a ricoprire vari incarichi nell’Arte dei Giudici e dei Notai di cui faceva parte.