Oggi al Caffè letterario del Teatro Niccolini di Firenze Giuseppe Panella e Stefania Valbonesi presentano insieme ad Amelia Casadei la sua raccolta di brevi racconti in forma di apologo appena pubblicata da Polistampa. Saluto di Antonio Pagliai, moderatrice la presidente della Fondazione il Fiore Maria Giuseppina Caramella. Ingresso libero.
Sedici fulminei racconti in forma di apologo capaci di illuminare situazioni e caratteri riemersi dalla memoria proiettandoli in una dimensione archetipica: dallo strazio di una iena e di uno scheletro preistorico, alla fierezza offesa di una dama medievale, alla follia di un omicida seriale, fino al disperato approdo di un migrante.
E’ la raccolta di prose liriche ‘La grotta della Chimera’ di Amelia Casadei, appena pubblicata da Edizioni Polistampa, che viene presentata venerdì 20 ottobre alle 17 al Caffè letterario del Teatro Niccolini in un incontro a ingresso libero, organizzato in collaborazione con la Fondazione il Fiore, a cui parteciperà l’autrice. A parlare dell’ultimo libro di Amelia Casadei saranno Giuseppe Panella e Stefania Valbonesi, dopo il saluto dell’editore Antonio Pagliai. Maria Giuseppina Caramella, presidente della Fondazione il Fiore, modererà la presentazione.
«In ‘La grotta della Chimera’ – scrive Franco Manescalchi nella prefazione del libro – l’autrice dà prova di una grande perizia nel descrivere una varietà di figure colte nei loro tratti essenziali e che compongono il mosaico dell’umanità partendo dagli ultimi e dai diversi nei quali il male di vivere è più evidente e che, comunque, è quasi connaturato». «Per fare ciò – continua Manescalchi – essa usa l’apologo, un racconto breve di struttura allegorica che nella tradizione si proponeva una finalità etico-pedagogica. Le sue caratteristiche principali erano la brevità e il tratteggio chiaro ed essenziale dei personaggi di cui si narra, in continua metamorfosi fra uomini ed animali sempre considerati allo stesso modo, come creature senzienti e pensanti strette spesso nella morsa di un destino più forte di loro». Ma mentre l’apologo classico si poneva «una meta pedagogica volta al riscatto», nel libro di Amelia Casadei «la finalità essenziale è aliena da ogni intenzione moralistica, poiché essa intende cogliere i suoi protagonisti nel loro crudo essere e divenire, senza giudicarli né proporli come modelli per i quali debba intervenire la pietas in previsione di una loro possibile catarsi».
«Avere a cuore la sorte di un piccolo nato prematuramente, di un migrante, o anche di figure dilazionate nei tempi storici o antropologici ma riportandole al presente, viste nella loro singolarità al limite della sofferenza, – scrive ancora Manescalchi – significa aprirsi all’umanità, e questo l’autrice sa e fa, rimanendo sempre nell’ambito della schiva e viva figurazione letteraria, al di sopra di ogni facile bozzetto naturalistico. […] la Casadei è innanzi tutto cosciente delle lacerazioni del proprio tempo e, invece di essere una narratrice che dà vita a “personaggi in cerca d’autore”, affida alla pagina figure estreme, eponime di una condizione, ma che finiscono col far parte del tessuto della propria interiorità».
Informazioni, Fondazione il Fiore. Tel.: 055-225074