“ Se si ama l’arte non si può desiderare di non possederla” così scriveva in un libro di memorie Alessandro Marabottini studioso appassionato e acuto collezionista che ispirato dalla lettura della Casa della vita di Mario Praz mise insieme una grande collezione d’arte di 667 pezzi, donata, per lascito testamentario alla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia per essere messa a disposizione degli studenti dell’Università, dove aveva insegnato per venti anni, e della quale in questi giorni a Roma è stato presentato il catalogo.
Docente di Storia dell’Arte medioevale e moderna agli atenei di Roma, Messina e Perugia, scrittore e anche disegnatore, Alessandro Marabottini scomparso a 86 anni nel 2012, dal 1983 abitava a Firenze in via Carducci, nel palazzo di famiglia costruito dal bisnonno dove la sua collezione stanza dopo stanza era esposta secondo criteri storici e iconografico-tematici . Nelle sale di stile neoclassico, in perfetto dialogo con la mobilia d’epoca, erano pitture, sculture, disegni, oggetti d’arte dal XVI al XX secolo, ma anche opere provenienti dal Centro America , dall’Africa, dall’Oriente che esprimevano il carattere poliedrico di questo grande connoisseur dell’arte .
L’atmosfera sospesa della casa fiorentina con le sue pareti pastello è stata ricreata da Patrizia Rosazza in Palazzo Baldeschi a Perugia è convogliata l’intera collezione che dallo scorso anno è stata aperta al pubblico in esposizione permanente. Il catalogo della Collezione Marabottini, edito da Stefano De Luca, presentato a Roma nella sede dell’Associazione Civita a cura della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia è stato curato da Caterina Zappia sua allieva, Stefania Petrillo e Claudia Grisanti, dedica ad ogni opera della collezione una scheda scientifica, con la collaborazione in tutto di oltre cento specialisti, e una foto a colori, la maggior parte delle quali scattate da Sandro Bellu, e svela anche modalità e data della sua acquisizione. Accanto ad alcune schede un “Colloquio”, una lettura colta e ironica, ispirata a Marabottini dall’osservazione di alcune opere della straordinaria collezione che grazie a lui stesso e alla Fondazione, non è andata dispersa.