Giovedì 31 ottobre l’unica firma a oggi conosciuta di Leonardo da Vinci, posta in calce al contratto per la realizzazione del dipinto “La Vergine delle Rocce” – oggi esposto al Museo del Louvre –, ha lasciato l’Archivio di Stato di Milano come una vera diva: scortata dai Carabinieri e accompagnata fino all’Opificio delle Pietre Dure dal Direttore dell’Archivio, Benedetto Luigi Compagnoni.
“Già ci manca – dichiara con un sorriso tirato il Direttore – ma lo scopo è nobile: sottoporre il contratto a indagini diagnostiche sullo stato di salute, per procedere poi a un restauro digitale del documento, che renderà leggibile a occhio nudo anche la parte attualmente interpretabile solo con l’ausilio della lampada di Wood. Ci piace inoltre l’idea di essere i fautori del temporaneo ritorno a casa di questo eccezionale Maestro Fiorentino. ‘Magister Leonardus de Vintiis Florentinus’ ne sarebbe certamente felice”.
L’Opificio delle Pietre Dure realizzerà una serie di indagini diagnostiche non-invasive e multispettrali, al fine di approfondire ogni aspetto di questo raro documento. “Sono lieto – afferma il Direttore dell’Opificio Marco Ciatti – di mettere a disposizione di questo interessante progetto tutte le competenze e le tecnologie del mio istituto, nell’anno dedicato a Leonardo”.
Il documento per la realizzazione de ”La Vergine delle Rocce” è stato già restaurato nel 2010, in quanto presentava danni dovuti all’umidità, che aveva indebolito il supporto cartaceo e dilavato in parte la traccia grafica. Ma non totalmente. Grazie infatti alla penetrazione tipica dell’inchiostro ferro tanno gallico – utilizzato all’epoca – sul supporto cartaceo, oggi la porzione mancante risulta leggibile, tuttavia solo tramite l’utilizzo della lampada di Wood (sorgente luminosa che emette radiazioni elettromagnetiche prevalentemente nella gamma degli ultravioletti). Ma presto, con il restauro digitale, finanziato da Fastweb, sarà possibile leggere a occhio nudo l’intero atto notarile, rogato dal notaio milanese Antonio De Capitani.
Il contratto per il dipinto, datato 25 aprile 1483, è stipulato tra la Scuola della Concezione, posta nella chiesa di San Francesco Grande a Milano, in porta Vercellina, dell’Ordine dei frati Minori, e gli artisti Leonardo da Vinci e i fratelli De Predis. Nel contratto si stabilisce che l’opera debba essere ultimata l’8 dicembre 1484 in occasione della festa dell’Immacolata, per un compenso complessivo di 800 lire; i fratelli De Predis e Leonardo devono anche provvedere alle materie prime e all’oro a proprie spese. Accettando le condizioni del contratto, Leonardo non può far altro che sottoscrivere, da sinistra verso destra, secondo l’uso delle scritture occidentali:
“Io Lionardo da Vinci in testimonio ut supra subscripsi”, lasciandoci questa sua straordinaria testimonianza grafica.
L’atto notarile rimarrà all’Opificio delle Pietre Dure fino alla fine di novembre, quando rientrerà a Milano per trovare posto all’interno della mostra “Nero su bianco. Carte d’Archivio raccontano Leonardo”, organizzata dall’Archivio di Stato di Milano e visitabile nei primi mesi del 2020.