“Viva l’arte, viva l’arte, viva l’arte”. Jan Fabre che ha appena ricevuto le chiavi della città dalle mani del Sindaco Dario Nardella saluta così Firenze che lo ha accolto nei luoghi simbolici del potere e dell’arte, Palazzo Vecchio e gli Uffizi, mentre oggi si completa al Forte Belvedere il grande progetto “Jan Fabre Spiritual Guards” , sotto la direzione artistica di Sergio Risaliti e la curatela di Melania Rossi e Joanna De Vos, con il quale sono stati esposti un centinaio di lavori dal 1978 e il 2016, tra sculture, installazioni, filmati di performance; prima volta che a Firenze un artista vivente è presente in contemporanea in tre luoghi di eccezionale valore artistico. Un rapporto che dura da anni quello tra Jan Fabre e Firenze.
Ha appena 21 anni quando partecipa a una collettiva, ne parla nel suo “Giornale notturno” (1978-1984) che proprio in questi giorni vede l’uscita del secondo volume. “L’Italia ! Qui si può ancora esercitare il mestiere di artista-gangster. Tutto qui è immaginazione. Un coltello di cartone qui può creare confusione e sembrare un’arma pericolosa. L’artista-gangster che brandisce l’arma è importante. L’arma in sé non lo è” e ancora “Il mio glorioso autoritratto – un verme di terra travestito da cardinale- non può essere esposto. L’organizzazione ha paura dello scandalo? Rinnegare il proprio carattere talvolta è una buona cosa. Ho deciso di essere parsimonioso ed esporrò solo due opere”.
L’artista belga, interprete di un rinascimento contemporaneo e che ama definirsi “cavaliere della disperazione e guerriero della bellezza” non ha esitato a vestire i panni di un verme per la perfomance notturna in piazza della Signoria in omaggio ai grandi del passato, tra le grandi sculture in bronzo, la monumentale “Searching for Utopia” e “The man who measures the clouds” in ricordo di un fratello scomparso troppo presto. E’ il trionfo dell’artista medium tra mondo reale e spirituale, una spiritual guard che incarna il potere dell’immaginazione e che innalza i simboli della fede o veste i panni di un direttore d’orchestra, ma è soprattutto un guerriero che lascia cadere in mille pezzi la sua armatura e che pone a difesa della fortezza il sacro scarabeo. Nel dramma della bellezza che è una della sua costante ricerca il corpo è un campo di battaglia in continua trasformazione e in cui cerca di superare i limiti fisici, le infinite possibilità di trasformazione attraverso il tema della metamorfosi che ritorna nei suoi autoritratti schierati in cui si raffigura in una varietà di orecchie e corna tratte del mondo animale.
Come sottolinea Sergio Risalti nel suo saggio al catalogo della mostra, edito da Forma “ Forte Belvedere è la messa in scena di un arroccamento di difesa della bellezza e dell’utopia, dove anche restano sul campo i segni visibili di uno scontro armato. Altrettanto si può dire di Piazza della Signoria, dove come un cavaliere donchisciottesco il calco in bronzo dell’artista “cavalca” un’enorme tartaruga, simbolo cosmologico e lunare, con il suo carapace a forma di cupola, con la quale l’animale protegge un corpo vulnerabile come quello degli scarabei sacri che popolano i bastioni del Forte”. “ Firenze è stata grande ogni volta che ha rotto con lo status quo – ha detto il sindaco Dario Nardella in occasione della conferenza stampa – quando si aggiunge qualcosa a quello che già si conosce. Noi abbiamo rinnovato questa forza, restituito vigore ed energia a Firenze vera città contemporanea, credo nella contaminazione con i vari linguaggi artistici. Firenze è una città senza tempo che abbraccia tutti i tempi con Jan Fabre artista totale per dare messaggi forti. Oggi la classe politica deve guardare con più attenzione agli artisti che sono in grado di vedere prima e aprire a loro le nostre comunità, questo non può fare altro che bene.”
“ Io sono un testimone – scrive Jan Fabre ne La storia delle lacrime, 2005- della forza della debolezza/ Io erro/ perché voglio incontrare/ e parlare al cuore degli uomini/”. E le sue opere ci parlano e la loro visione al Forte Belvedere sarà gratuita, fino al 2 ottobre.