Il fascino antico di un’arte minore, solo nel formato: i calendarietti del barbiere in mostra al Museo della Figurina di Modena

Fu la Rimmel, fondata a Londra nel 1834, con ogni probabilità la prima ad individuare nei calendarietti tascabili dei validi strumenti per la promozione pubblicitaria, uno strumento efficace  che subito venne adottato da molte aziende per far conoscere i propri prodotti. Profumati, con le essenze spesso reclamizzate all’interno il piccolo almanacco era un piccolo libricino in dodici o sedici facciate racchiuso in una bustina trasparente, a renderlo oggi ricercato e oggetto di collezionismo sono le illustrazioni a colori, esempi di micrografica in cui si cimentarono illustratori famosi come Codognato, De Bellis, Carboni, Romoli.

Una mostra allestita al Museo della Figurina di Modena dal titolo “ L’arte in tasca. Calendarietti, réclame e grafica 1920- 1940”  a cura di Giacomo Lanzillotta  ci porta alla scoperta di questo mondo affascinante racchiuso nei “calendarietti del barbiere”, ottanta in tutto per un totale di trecento immagini  e di altre rarità affini come etichette, confezioni di profumi e cosmetici che risalgono al periodo tra le due guerre.

Testimoni di una nuova estetica, il gustò decò con le sue armonie geometriche e le storie ambientate in luoghi da sogno, profilate di oro e argento. Nelle pagine riccamente illustrate un repertorio di temi che varia dalla bellezza delle dive del cinema alle avventure d’amore, gli eroi e i grandi personaggi della storia, il fascino dei paesi esotici ma anche quello per lo spettacolo e la letteratura. Se è il mondo della bellezza, dei profumi, dei cosmetici il tema dominante che ha favorito la fortuna di questo genere artistico che per anni è stato un potentissimo veicolo pubblicitario per molti prodotti la donna, declinata in maniera diversa a seconda del destinatario è l’assoluta protagonista dei preziosi calendarietti, non mancavano infatti versioni osè che circolavano con discrezione nelle sale dei barbieri accanto a quelle riservate al pubblico femminile in cui la donna veniva ritratta davanti alla toilette nell’atto di farsi bella per un incontro galante.

La mostra che rimarrà aperta al pubblico fino al 18 febbraio è stata prodotta in occasione del festivalfiolosofia 2017, dedicato alle Arti, dal Museo della Figurina in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena ed è accompagnata da un catalogo edito da Franco Cosimo Panini con testi di Giacomo Lanzillotta e Maurizio de Paoli. http://www.comune.modena.it/museofigurina

Di seguito le varie sezioni in cui è articolata l’esposizione

  1. Profumeria

 A partire dagli ultimi decenni del XIX secolo, le principali profumerie individuarono nei calendarietti degli efficaci strumenti di promozione pubblicitaria. Con ogni probabilità, la prima ditta ad avviarne un’emissione continuativa fu la Rimmel, fondata a Londra nel 1834.Inizialmente i piccoli almanacchi, anche quelli relativi a prodotti non riconducibili al mondo della cosmesi, venivano impregnati con essenze generiche. Solo con l’inizio del XX secolo le profumerie, sempre più attente alla comunicazione e al marketing, cominciarono ad aromatizzare i calendarietti con essenze originali, per farne arrivare la fragranza al maggior numero di potenziali acquirenti. Parallelamente sulle copertine iniziò ad essere indicato il preciso tipo di profumo utilizzato per odorarlo.

 2.Seduzione

 Soggetto prediletto dai calendarietti è la donna, ma declinato in modo diverso a seconda del destinatario.Accanto a versioni più osé, quelle passate con discrezione dal garzone del barbiere al cliente in cambio della mancia, esistevano almanacchi destinati alle donne che erano le principali fruitrici dei prodotti in essi reclamizzati: cosmetici, profumi, creme erano indispensabili strumenti di seduzione, nonché immancabili attributi di un’iconografia muliebre la cui sintesi è la dama alla toilette, di fronte allo specchio, nell’atto di farsi bella per una serata elegante o un incontro amoroso. Una scena femminile che è la visione di un mondo irreale e patinato, fatto di amori travolgenti, appuntamenti galanti e feste danzanti, così distante dalla monotona routine della casalinga.

3.Il fascino dell’Oriente

Il ricorso a tematiche di facile presa popolare è una costante nell’iconografia degli almanacchi tascabili, destinati a raggiungere un pubblico vasto ed eterogeneo. E l’Oriente, inteso quale universo ignoto e distante, con le sue curiosità, giardini, miti, monumenti, ha sempre occupato un posto speciale nella cultura europea, definendo un ideale generico di altro e diverso.L’estetismo esotico, che disegna l’Oriente come luogo privilegiato del piacere, della sensualità e dell’erotismo, ha indubbiamente contribuito anche alla definizione dell’archetipo della donna fatale – la Regina di Saba, Salomè, Cleopatra, Salammbô – incarnazione di tutte le seduzioni, vizi e voluttà, immortalata in pose e costumi tanto fantasiosi quanto improbabili, banali pretesti per mostrare qualche seno nudo o velato.

4. Letteratura e spettacolo

 Le complicate trame della letteratura classica, nei calendarietti diventano istantanee degli episodi salienti, a volte accompagnate da succinti commenti: quanto bastava a colpire l’immaginazione di un pubblico spesso analfabeta o poco alfabetizzato e a tradurre, in immagini e (poche) parole, le trame dei grandi classici, note ai più solo per sentito dire o per la nomea dei personaggi. Sono stati ignorati, invece, poeti e romanzieri contemporanei, misconosciuti alla gente comune, con la sola eccezione di Gabriele D’Annunzio. Anche il mondo della musica offrì innumerevoli suggestioni per l’illustrazione dei calendarietti, con una marcata predilezione per le opere di Verdi, Mascagni e Puccini, e un’attenzione particolare a cavalcare l’eco mediatico che seguiva il successo delle rappresentazioni.

5. Plinio Codognato e Nicolò De Bellis

A dominare la scena dell’illustrazione dei piccoli almanacchi sono due artisti diversi per formazione e cultura figurativa, il celebre cartellonista Plinio Codognato e il pittore Sergio Nicolò De Bellis.Dotato di una straordinaria fantasia narrativa, Codognato è autore di un disegno visionario, di grande fascino evocativo, espresso in una grafica basata su una ristretta gamma di colori vivaci e contrastanti.L’altro grande protagonista è De Bellis, in assoluto il più prolifico illustratore di calendarietti: circa una sessantina tra 1924 e 1937, variamente firmati con pseudonimi e sigle a lui riconducibili (De Bellys, DEBS, DE). Il suo stile varia nel tempo, passando da un approccio pittorico di gusto déco degli anni venti alle più tarde soluzioni formali di maggiore sintesi e sperimentazione cromatica.

6. Gli illustratori

Non sono pochi gli artisti affermati che di tanto in tanto si sono dedicati all’illustrazione dei calendari tascabili, anche se con un contributo individuale generalmente limitato a pochi titoli: cartellonisti e grafici pubblicitari come Dudovich, Busi, Carboni o Romoli, scenografi come Depero, Brunelleschi, Benois, o stiliste e illustratrici come Altara. Molti altri grafici vi hanno invece lavorato con una certa continuità, determinandone di conseguenza una copiosa produzione, anche se in gran parte di difficile attribuzione, in quanto non firmati o nascosti dietro pseudonimi o sigle non ancora riconosciute.Negli anni di intervallo tra le due guerre mondiali, si assistette al confronto tra due generazioni di questi grafici: da un lato i rappresentanti della tramontata Belle Époque e ora al culmine della loro carriera, dall’altro le nuove leve dei nati a cavallo tra i due secoli, cresciuti alle scuole del gusto moderno e sensibili, in molti casi, ai richiami delle avanguardie. Ne sono derivati pertanto tre diversi ambiti stilistici entro cui è possibile circoscriverne i protagonisti.A interpretare la fase di mezzo, o per così dire di passaggio tra il vecchio e il nuovo ordinamento figurativo sono alcuni dei più anziani illustratori, come Alpenore Gobbi e suo figlio Dario, Costantino Grondona, Ettore Mazzini e Adolfo Busi, testimoni nei loro disegni della non facile transizione dai retaggi decorativi dell’Art nouveau in cui s’erano formati, a un lessico più aggiornato e in linea con lo Stile 1925.

In un secondo raggruppamento rientrano poi gli interpreti più autentici del Déco internazionale, da Edina Altara a Nino Nanni fino al misterioso G. T. Fabi, contraddistinti per il tratto sottile dalle tendenze geometrizzanti, di raffinata eleganza, come pure i più ‘orientalisti’ Nino Pagotto e Umberto Brunelleschi. Risentono infine dell’iconografia novecentista, declinata in suggestive formule di sintesi compositiva e cromatica, Fiorenzo Masino Bessi e Filippo Romoli, le cui pagine illustrate rappresentano delle tipiche espressioni di grafica anni trenta e inizi quaranta.

 

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