Tappa obbligata nel modello di educazione rinascimentale, il libro di retorica più popolare durante il Medioevo e il Rinascimento risalente al 90 a.C., il Rhetorica ad Herennium sarà oggetto di studio anche da parte dal giovane Ludovico Maria Sforza, il futuro Ludovico il Moro che sotto la guida del suo maestro Francesco Filelfo ne realizzerà un commento, con annotazioni di tipo grammaticale, letterario e storico, un’esercitazione con la quale mostrare alla madre Bianca Maria Sforza i suoi progressi negli studi. Il prezioso quadernetto, scritto a Cremona il 27 novembre del 1467 è conosciuto con il nome di Codice Sforza ed è conservato presso la Biblioteca Reale di Torino, rara testimonianza della formazione culturale che riceveva un giovane principe affidato alle cure di un precettore di fama. Il piccolo gioiello che accompagnava il futuro signore di Milano era impreziosito da numerose miniature, i ritratti dei membri della famiglia Sforza, episodi storici come l’attraversamento dell’Esponto da parte dell’esercito persiano di Serse, la battaglia di Salamina, la battaglie delle Termopili ed altre imprese storiche. Oggi è grazie alla casa editrice Novacharta di Padova, diretta da Vittoria de Buzzaccarini che nell’ambito del progetto “Salviamo un codice” si è giunti al suo restauro e a una edizione in facsimile in tiratura limitata. La presentazione del restauro del Codice Sforza sarà infatti venerdì 3 marzo a Palazzo Madama a Torino, alla presenza di Guido Curto direttore di Palazzo Madama, Giovanni Saccani direttore della Biblioteca Reale di Torino, Cristina Maritano conservatore di Palazzo Madama, Paolo Crisostomi restauratore, Gianfranco Malafarina delle edizioni Novacharta, mentre l’originale sarà ancora per qualche giorno, fino al 6 marzo, visibile al pubblico, in occasione della mostra “Emanuele d’Azeglio. Il collezionismo come passione” in corso sempre a Palazzo Madama. Sì perché si deve al d’Azeglio l’acquisto dell’originale nel 1860 a Londra, la sua riproduzione fotografica per opera di Camille Silvy e in seguito, nel 1863 la vendita alla Biblioteca Reale. Come sottolinea Giovanni Saccani direttore della Biblioteca Reale e curatore del saggio sul restauro Pagine di scuola: “Il facsimile del Varia75, conosciuto come Codice Sforza, riveste grande importanza non solo per l’opera in sé ma per il collegamento con il d’Azeglio che fu un innovatore nel campo della conservazione. La scelta di far riprodurre il manoscritto al fotografo Silvy con il collodio umido rispondeva a tre prerogative ancora attuali: toglierlo dalla luce, evitare che fosse maneggiato, realizzare una copia per facilitare il lavoro di studiosi e ricercatori. Ma un vero facsimile in scala 1:1 non era mai stato pensato. Come spesso avviene, quando si studia un manoscritto per realizzarne un’edizione in facsimile sono tanti gli aspetti che vengono analizzati al punto che, come nel caso del Codice Sforza , “Ci siamo imbattuti in un piccolo “giallo” afferma l’editore Vittoria de Buzzaccarini. Per alcuni studiosi è verosimile che il precettore del piccolo Ludovico il Moro, allora quindicenne, non sia stato il Filelfo, ma il precettore cremonese Giovanni Francesco Picenardi. Una vicenda che ci ha appassionato e per la quale stiamo pensando di istituire una borsa di studio per le ricerche dedicate al tema. Il progetto “Salviamo un codice” tramanda questi valori, i valori dello studio e della lettura di opere antiche che altrimenti rimarrebbero confinate nei caveaux delle biblioteche. Nell’epoca della rete e delle connessioni digitali, ‘Salviamo un codice ’ conserva e diffonde parti importanti dell’immenso patrimonio conservato nelle biblioteche italiane, affinché non si perda la possibilità di entrare in un rapporto diretto e libero da interferenze con il testo e il suo autore.”