E’ stata aperta a Firenze al Museo Novecento una grande mostra antologica dedicata ad Allan Kaprow (Atlantic City, 1927 – Encinitas, 2006) padre degli Environments e degli Happenings, un artista poliedrico e instancabile, che nell’arco della sua intensa carriera si è confrontato con i media più diversi. La mostra, ALLAN KAPROW I will always be a painter – of sorts, a cura di Sergio Risaliti e Barry Rosen, promossa dal Comune di Firenze, realizzata in collaborazione con Allan Kaprow Estate e Hauser & Wirth, rimarrà aperta fino al 4 giugno 2020 e presenta per la prima volta in Italia un corpus di circa quaranta opere su carta e tela che rappresentano l’esordio dell’artista.
“Con questa intensa mostra antologica dedicata ad Allan Kaprow – dichiara l’assessore alla cultura del Comune di Firenze Tommaso Sacchi – prosegue la nuova e auspicata linea del museo Novecento che si consolida dopo anni di grande rilancio sia dal punto di vista degli investimenti e dell’apertura di nuovi spazi espositivi sia grazie al lavoro fatto dal direttore artistico con le varie mostre temporanee. Il museo si configura quindi sempre di più come un corpo vivo e si appresta a indicare nuove traiettorie future rispetto all’arte contemporanea”.
“Senza Allan Kaprow non avremmo gran parte dell’arte contemporanea – afferma Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo Novecento -. L’arte esperienziale e partecipativa di oggi non esisterebbe senza gli happenings ed environments da lui realizzati. Dopo Duchamp inventore del ready-made e Jackson Pollock padre dell’Action Painting, si deve a lui, sicuramente, uno degli atti più coraggiosi e rischiosi a livello artistico. Nella sua rivoluzione c’era molto della felicità creativa e del desiderio di libertà che si manifesterà con il ’68. Una leggerezza che si esprimeva nel dare corpo a ‘sculture’ antimonumentali e perfino con l’erosione dell’autorialità a favore di una partecipazione del pubblico coinvolto nel processo artistico. Già nei suoi dipinti e disegni, in mostra al museo, si riconoscono i presupposti per una nuova concezione di opera d’arte che si apre ad una radicale commistione tra arte e vita, oltre perfino la nozione di opera aperta. Il Museo Novecento è un punto di riferimento per la conoscenza dell’arte del Novecento nazionale e internazionale e con questa mostra assolve pienamente alla sua funzione educativa riuscendo altresì a mettere a conoscenza del pubblico un artista come Kaprow, forse non troppo conosciuto ma del quale non si può fare a meno. Kaprow non è spettacolare, ma ha proposto un’idea rivoluzionaria di coinvolgimento e condivisione dell’arte che trasforma lo spazio pubblico e le persone in opere d’arte viventi. In più, in questa operazione non solo guardiamo al recente passato ma coinvolgiamo giovani artisti a reinventare i più celebri lavori dell’artista americano come Fluids e Words”.
Allan Kaprow, molto attivo anche come teorico, ha influenzato generazioni di artisti, promuovendo un’idea di arte allo stesso tempo concettuale e spontanea, utopica e provocatoria, politica e ironica. Dopo una carriera da pittore fortemente influenzata dall’Action Painting di Jackson Pollock, tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, abbandona i mezzi di espressione più classici e comincia a realizzare ambienti e azioni interattive ed effimere che mettono in discussione l’idea di un’arte monumentale sempre uguale a se stessa e immutabile nel tempo. In linea con la contaminazione tipica di quegli anni tra performance, teatro, danza e arti visive, le sue opere promuovono un’integrazione sempre maggiore tra spazi, materiali, tempo e persone. Al fine di ricostruire la parabola creativa dell’artista, il Museo Novecento delinea un percorso a ritroso all’interno della sua ricerca, che si apre con la reinvention di due opere emblematiche – FLUIDS (1967) al piano terra ideata dagli artisti Davide D’Amelio, Anna Dormio, Bekhbaatar Enkthur, Esma Ilter, Giulia Poppi, Negar Sh, attualmente in residenza presso la Manifattura Tabacchi, e WORDS (1962) al primo piano progettata da Dania Menafra, che si confronta con la creazione di desiderio e consenso nella società digitale dominata dal marketing emozionale – attraversa la sua intensa produzione grafica ed editoriale, i video e le azioni degli anni Settanta (esposti nella sala Cinema), per terminare con i disegni e i dipinti.
Queste ultime sale raccolgono un corpus di circa quaranta opere (20 dipinti e 19 disegni), esposti per la prima volta in Italia, che gettano luce sulle implicazioni performative di questi primi lavori su carta e su tela. Grazie all’esperienza dell’Action Painting, Kaprow aveva compreso come un dipinto potesse coinvolgere lo spettatore fino a dare l’impressione di abbandonare la parete ed entrare nello spazio reale. Questi lavori gettano le basi per una nuova concezione di opera d’arte che si apre ad una radicale commistione tra arte e vita, arte e spazio urbano, arte e teatro.
In occasione della mostra, gli artisti Jacopo Miliani e Elena Mazzi sono stati invitati a progettare due ulteriori reinvention di FLUIDS che si svolgeranno all’esterno del Museo rispettivamente il 4 aprile in alcune piazze del centro storico e il primo maggio alla Manifattura Tabacchi.