Un grande dipinto rimaneggiato profondamente fino alle fasi più avanzate di realizzazione, con interventi in alcuni casi visibili ancora oggi ad occhio nudo. Personaggi che cambiano posizione; una intera porzione del pavimento sostituita dalla pedana su cui poggia il trono della Vergine, la protagonista dell’opera; dita che scompaiono e persino occhi che, al contrario, appaiono in punti dove non dovrebbero essere, segnalando, evidentemente, modifiche delle posizioni e della postura dei personaggi.
Sono solo alcuni degli elementi che mostrano l’intenso tormento creativo del giovane Sandro Botticelli, durante la realizzazione di uno dei suoi primi grandi capolavori (nonché sua prima commissione di rilievo), la Pala di Sant’Ambrogio, raffigurante la Madonna con Bambino e santi, dipinto intorno al 1470, all’età di circa 25 anni.
La scoperta è stata effettuata all’Opificio delle Pietre Dure, dove la tavola si trovava dal 2018 in restauro. Sottoposta ad un’ampia campagna diagnostica, l’opera ha rivelato un numero sorprendente di ripensamenti sostanziali, sia nella fase della pianificazione del disegno, sia nella stesura pittorica, fatto questo, assai insolito per il periodo. La maggior parte di questi cambiamenti sono emersi grazie al confronto fra radiografia e indagini riflettografiche: è stato così possibile visualizzare come Botticelli avesse, ad esempio, cancellato letteralmente un pavimento già strutturato tramite incisioni e dipinto nei dettagli, per sostituirne la parte centrale con una pedana per innalzare la figura della Vergine Maria. Ma non solo: il Bambino, in braccio alla Madonna, durante il processo pittorico, cambia drasticamente posizione, come risulta visibile grazie all’individuazione in riflettografia, della prima impostazione degli occhi, collocati in posizione diversa e ruotata rispetto a quella definitiva, e ad una gamba che muta postura. San Cosma, uno dei santi raffigurati, in origine guardava verso l’alto, come è evidente anche in questo caso dallo spostamento dell’occhio, differentemente orientato in origine, che riemerge ‘dalle viscere’ del quadro setacciate ancora una volta dalla riflettografia. Con un ulteriore ripensamento, Botticelli decise successivamente di dare a questo personaggio un altro tipo di atteggiamento e dunque, nella versione ultimata, San Cosma, invece di essere rivolto verso la Vergine, tiene la testa più in basso e guarda verso lo spettatore.
Ci sono infine cambiamenti talmente tardivi, da essere stati eseguiti durante la fase di completamento del dipinto, e quindi impossibili da mascherare del tutto: sono quelli che risultano oggi visibili anche ad occhio nudo.
È di nuovo San Cosma a non convincere il dubbioso Botticelli.
La sua veste, nella versione precedente, lo collocava spostato all’indietro, verso sinistra, e l’alone del suo diverso collocamento, non del tutto cancellato, è visibile ancora oggi all’osservatore attento.
Ancora più macroscopici sono gli interventi sulla Santa Caterina d’Alessandria, raffigurata in piedi all’estrema destra della pala: in questo caso Botticelli le ‘cancella’ letteralmente un pollice (facendolo scomparire sotto un lembo del manto), ma, come per la veste di San Cosma, il ‘fantasma’ del dito si può vedere ancora oggi. Lo stesso, sia pure in modo lievemente meno riconoscibile, avviene per la punta del mignolo della stessa mano, che il pittore fiorentino decise di ‘accorciare’ a dipinto pressoché finito.
Infine, l’elemento senz’altro più curioso: un paio di occhi misteriosi, incisi sulla tavola, individuati a metà altezza della figura della Santa Caterina, nell’area centrale della sua veste. Perché si trovano lì? Risposte certe al momento non ci sono, ma una delle ipotesi è che Botticelli potesse avere inizialmente immaginato la Santa in posizione inginocchiata, ripensandoci però quasi subito e stabilendo invece di rappresentarla in piedi. Gli occhi potrebbero dunque essere il lascito di questa iniziale, poi abbandonata, impostazione. A dimostrarlo, c’è anche la perfetta sovrapponibilità tra le pupille incise sotto la veste con quelle dipinte sul viso di Santa Caterina nella versione finale, verificata concretamente sull’opera dagli stessi specialisti dell’Opificio.
La pala, che a partire dai prossimi giorni tornerà esposta permanentemente nella sala della Primavera agli Uffizi, si trovava nella sede dell’ente di restauro da alcuni mesi. Aveva problemi al supporto ligneo e tre zone in cui il colore era sollevato e parzialmente danneggiato. L’intervento, sostenuto economicamente anche dagli Amici degli Uffizi, ha risolto i problemi di tensione del supporto e posto rimedio alle alterazioni cromatiche.
Il Direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt:
“Dopo le rivelazioni emerse con lo spettacolare restauro dell’Adorazione dei Magi di Leonardo e con le indagini sul disegno 8P dell’artista, dopo le scoperte fatte sulla Santa Caterina di Artemisia Gentileschi, e molto altro, l’Opificio delle Pietre dure ci offre un altro esempio degli altissimi livelli raggiunti dalla ricerca scientifica sulle opere d’arte. Anche quelle più famose, sulle quali sembra che ormai si sappia tutto, possono invece offrirci informazioni prima insospettate, perfino su artisti studiati da secoli come Botticelli. Questo deve insegnarci che un buon restauro deve anche essere un’occasione di ricerca e non mirare solo ad effetti spettacolari. Per questo sono grato agli Amici degli Uffizi e ai Friends of the Uffizi Galleries, che sempre ci sostengono con generosità in questo nostro impegno per la tutela e la migliore conoscenza del nostro patrimonio”.
La storica dell’arte dell’Opificio delle Pietre dure Cecilia Frosinini:
“È probabile che questa inusuale caratteristica metodologia di Botticelli, improntata ad un ripensamento continuo nella genesi dell’opera, gli derivi dall’apprendistato alla bottega di Filippo Lippi, il quale già prima di lui manifestava questa tendenza, assolutamente inusuale per gli artisti del tempo. Ed è importante osservare inoltre, come alcuni dei nuovi dettagli emersi dalle indagini, relativi alla realizzazione della Pala di Sant’Ambrogio, potrebbero offrire elementi per un riesame complessivo della committenza dell’opera”.
Il Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure Marco Ciatti:
“Il risultato di gran lunga più importante ottenuto da questa campagna di analisi, come sempre dovrebbe essere in occasione dei restauri, è stato l’ampliamento della conoscenza sul modus operandi di Botticelli, che dovrà adesso essere adeguatamente ricollegato ad altre opere dello stesso artista”.
La Presidente degli Amici degli Uffizi e dei Friends of the Uffizi Galleries Maria Vittoria Rimbotti:
“Dobbiamo il sostegno a questo importante restauro alla generosità dell’amico Joseph Raskauskas, componente dei Friends of the Uffizi Galleries americani che abbiamo fondato nel 2006. Ed è sempre un grande piacere per noi vedere la passione con cui i Friends si impegnano per tutelare i capolavori della cultura, riconoscendo così le nostre comuni radici”.
IL TEAM DEL RESTAURO DELLA PALA DI S. AMBROGIO
Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure: Marco Ciatti
Direzione storico artistica: Cecilia Frosinini
Restauro della parte pittorica: Luisa Gusmeroli, Patrizia Riitano
Restauro del supporto: Ciro Castelli, Andrea Santacesaria
Indagini ottiche, documentazione fotografica ed elaborazioni grafiche: Roberto Bellucci
Hanno collaborato per le indagini: Laboratorio scientifico Opificio delle Pietre Dure, CNR INO, INFN, sezione di Firenze, Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Chimica e dei Materiali, Dipartimento di Fisica, Università degli Studi di Cagliari.