“Nei vernissage della sua abbagliante galleria, la Regina dei quadri , esibisce buffet da guardare e opere d’arte da mangiare : dipinti di crema di pollo ai petali di rosa, sculture di foie gras ai fichi caramellati, installazioni di torte colossali al tartufo…”. Inizia così l’ultimo libro verbovisivo di Lamberto Pignotti “Giochi d’arte – Giochi di carte” edito da Frullini che unisce i testi del fondatore, insieme a Eugenio Miccini, del movimento della Poesia Visiva, ad alcune opere, si tratta di tecniche miste su cartoncino ispirate dall’iconografia delle carte da gioco.
Ma come tradizione, nella ricerca metalinguistica della Poesia Visiva il gioco delle carte è solo un pretesto per altri e più importanti messaggi e questa volta l’attenzione è tutta per il sistema dell’arte e del mondo che vi gira intorno, con lo sguardo di chi lo ha vissuto e ben ne conosce i suoi meccanismi. “Il mercato” , la Regina dice senza alzare gli occhi, ma spostandosi leggermente in avanti, come per confidare qualcosa di importante, “ è come un vortice di soldi a uso e consumo dei privati, una droga la cui assuefazione rasenta la tossicodipendenza, una tempesta programmata fatta di promozioni e speculazioni, un misto tra una tratta di schiavi, una zecca clandestina , un’agenzia di borsa, una bisca, una discoteca, un teatro delle marionette e un bordello”.
E’ però questa anche un’occasione di riflessione sul percorso compiuto, sul viaggio e la strada oltre la parola. “Sappiamo benissimo che chi viaggia oltre l’orizzonte della parola – scrive Pignotti – quanto più è sprovveduto, tanto più lontano vuole andare. Ma questo dipende dalla sua mancanza di vocazione: perché l’esperienza non è proporzionata alla lunghezza del percorso, semmai alla durata delle soste”.
Per chi come lui da sempre attinge a piene mani dall’esperienza sinestetica non manca un bellissimo brano dedicato alla città e ai suoi odori attraverso il racconto di una guida che ci porta in giro alla loro scoperta negli angoli più nascosti di una città ideale, partendo dal mercato, in una continua altalena tra passato e presente per concludersi al portone dove si accede alla mensa universitaria. “ Io quegli odori li riconosco ancora, fanno parte di me, mi appartengono così tanto che ogni volta che mi siedo al tavolo e scrivere mi entrano nelle narici. Sono odori che si intrufolano fra le pagine, nello spazio tra due parole, che salgono su per le righe con leggerezza…”; per poi proseguire con Antica grammatica del gusto e Viaggio tattile.
Infine, per chiudere, le parole del direttore della “A.A.A.A. Antica Accademia d’Arte Attuale” che dice “ In un certo senso, siamo da tempo tutti condannati a essere artisti. Che ci piaccia o no. E che questo sia conscio o inconscio, siamo i creatori e gli artisti delle nostre vite, del futuro, del passato. Ad esempio possiamo guardare al passato come a un cadavere o come a una risorsa… Ad ogni modo bisognerà costruire un mondo in qualità di artisti del quotidiano, artisti del gioco, della conversazione, della passeggiata, del cibo, dell’amicizia, del sesso, dell’amore, abbandonando l’ansia del come andrà a finire”