Da oggi fino al 30 maggio apre al pubblico al Museo Novecento a Firenze Pittura Pittura il terzo appuntamento di Campo Aperto, dedicato a Riccardo Guarneri, uno dei protagonisti della pittura fiorentina del XX secolo. La selezione delle opere in mostra, a cura di Eva Francioli, Francesca Neri e Stefania Rispoli, prende avvio da una tela degli anni sessanta riferibile quasi agli esordi della carriera dell’artista, quando i dipinti si attestano come manifestazioni di un pensiero nitido e razionale, frutto della trasposizione sul bianco di strutture geometriche. Le opere più recenti, dai primi anni duemila ad oggi, sono composizioni che rinnovano la riflessione sul medium pittorico riconducendola ad un massimo di rigore ed essenzialità, ricerca di cromie e variazioni di luce, in un’incessante tensione verso un dinamismo universale. Un piccolo, ma significativo, innesto è rappresentato dal piccolo paesaggio ispirato ai panorami rarefatti e silenziosi di Giorgio Morandi, a cui, nello stesso periodo, il Museo Novecento dedica una monografica.
È con grande energia e voglia di mettersi in gioco che Riccardo Guarneri affronta la sfida di Campo Aperto. Dopo gli scatti sull’elemento naturale di Luciana Majoni e le indagini sulla visione di Francesco Carone è la volta di Guarneri, che ha attraversato importanti stagioni della vita culturale di questo paese, confrontandosi con le ricerche dell’astrattismo e dell’arte programmata, dell’informale e delle creazioni verbo-visuali e proponendosi come un pioniere della cosiddetta Pittura Analitica o Pittura Pittura. Durante il suo percorso Guarneri ha mantenuto una specifica identità espressiva che lo ha portato a sviluppare un’autonoma via alla ricerca pittorica, con la quale intrattiene da sempre un dialogo privilegiato. L’artista non ha mai abbandonato il rapporto con la superficie e con il colore, perseguendo una pittura che continuamente riflette e indugia su se stessa. Ogni quadro vive nella sua bidimensionalità, isolato da una sottile cornice, all’interno dello spazio finito della parete. La delicata ricercatezza delle cromie tenui ritorna in un’incessante tensione verso un dinamismo universale, di cui vibrano le superfici. Negli anni Ottanta all’iterazione di linee geometriche si uniscono macchie addensate di colore, che, senza rinunciare ad un’esangue delicatezza, creano un elemento entropico all’interno del fragile equilibrio delle tele, costruito attorno ad impercettibili ritmi compositivi. Come in una partitura, le fughe e i contrappunti scandiscono in modo armonico l’esperienza della visione. Lo sguardo dell’osservatore è invitato ad indugiare all’interno della composizione, in un processo lento e di progressiva messa a fuoco della struttura e dei tenui contrasti che animano la superficie pittorica. Una lunga meditazione si cela dietro la realizzazione di un dipinto, che pur essendo un’entità in sé conclusa non può non essere interpretato come parte di un processo più ampio, che abbraccia l’intera produzione di Guarneri; come se l’artista svolgesse un’unica, incessante, riflessione sui fondamenti della pittura e sul significato stesso del dipingere.
“C’è sempre stata una specie di continuità dal mio quadro numero 1. Dal 1962 ad oggi in oltre 40 anni di attività mi riconosco interamente. Mantengo i miei interessi sulla texture, sulla luce, sulla pittura, sull’astrattismo”.
“Nella mia ricerca di pittore sono sopraggiunti incontri importanti: in particolare mi colpì una mostra di opere zen alla galleria la Strozzina di Palazzo Strozzi….Le opere esposte mi suggestionarono, mi indicarono altre possibilità. Spazi liberi dove non c’era nulla da afferrare, linee leggere, forme mobili e rarefatte, poesia dell’assenza, virtù del provvisorio: pensavo a quei quadri bianchi raffiguranti linee morbide ed essenziali, nei quali l’immaginario poteva dispiegarsi circolarmente, per corsi e ricorsi intorni ad un soggetto vuoto fatto di luce. Assenza di centro: mi sembrava venisse evocato uno stupore che non trovavo nel sistema della consueta metafisica occidentale, per la quale ogni luogo si sviluppa partendo dal proprio centro, ovvero dal punto dove si condensano i valori, che sia un dipinto o la struttura di una città. Immaginavo architetture ritagliate nell’aria, dove il vuoto tra uno spazio e l’altro assumeva una forma e un’autonoma simbologia, una propria celeste perfezione, una specie di pace luminosa, come in un giardino zen o come rileggo nelle Città invisibili di Calvino, almanacco di città dalle prospettive vaghe dall’indecifrabile disegno, palazzo di filigrana o di cristallo, reticoli di strade come nervature di foglia, come linee della mano”.
“….Volevo uscire per sempre da quel mondo di pittura scura e greve nel quale mi ero formato. Sceglievo la non-pesantezza. La leggerezza di Twombly e così pure la pittura dei romani mi convinse. Il colore di Dorazio aveva un valore più pregnante e decorativo rispetto alle mie scelte, ma la struttura dei suoi quadri era aperta, estendibile, senza centro, e la luce scaturiva da punti di colori, quasi molecole che si ordinavano in una specie di tessuto: quella ricerca mi indicava la possibilità di una texture che si espande, si diffonde per l’intera superficie del quadro, un centimetro ripetuto all’infinito per tutto il campo, verso una pittura tutta astratta senza riferimenti, senza valori ideologici. Pittura pittura”.
Riccardo Guarneri
[Estratti dalla conversazione con Giovanna Uzzani pubblicata sul catalogo della mostra Contrappunto Luce presso la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti
Riccardo Guarneri
Nato nel 1933 a Firenze, dove vive e lavora, Riccardo Guarneri inizia a dipingere nel 1953, alternando la pittura all’attività musicale. Dopo una breve stagione informale, dal 1962 intraprende una ricerca fondata sul segno e sulla luce, intesi come principali oggetti di studio all’interno di un impianto geometrico minimale. Esordisce all’Aja nel 1960 con la prima mostra personale. Sei anni dopo partecipa alla Biennale di Venezia e alla mostra Weiss auf Weiss alla Kunstalle di Berna. Nel 1967 è invitato alla Biennale di Parigi nella sezione “Nuove Proposte”. Nel 1972 tiene la prima antologica al Westfalischer Kunstverein di Münster. Nel 1973 e nel 1986 partecipa alle Quadriennali di Roma e nel 1981 espone al Palazzo delle Esposizioni nella mostra Linee della ricerca artistica in Italia 1960-1980, che sarà ospitata anche alla Kunsthalle di Colonia nel 1997. Nel 2000 realizza il progetto per il mosaico di 24 mq della stazione Lucio Sestio della metropolitana di Roma. Nel 2004, presso la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, si tiene la mostra antologica Contrappunto luce che viene accompagnata da un catalogo con saggi critici di Giovanna Uzzani e Maria Grazia Messina. Dalla metà degli anni 2000, nell’ambito di un rinnovato interesse critico sulla pittura analitica, partecipa a numerose mostre collettive, in Italia e all’estero, tra cui quelle presso la Galleria d’Arte Moderna di Udine, la galleria Mazzoleni Art di Londra, Palazzo della Gran Guardia di Verona, la Galleria Mazzoleni di Torino, Villa Contarini e Rocca di Umbertide. Negli stessi anni ha esposto in numerose mostre personali in Italia e all’estero. Nel 2007 partecipa a Pittura Analitica, anni ’70 al Palazzo della Permanente di Milano, l’anno successivo è tra gli artisti di Pittura Aniconica presso la Casa del Mantegna di Mantova e nel 2011 prende parte a Percorsi riscoperti dell’arte italiana – VAF-Stiftung 1947- 2010 al Mart di Trento e Rovereto. Nel 2017 torna alla Biennale di Venezia all’interno della mostra internazionale Viva Arte Viva a cura di Christine Macel. Nel 2016/2018 tiene personali a New York e Londra. Recentemente il Museo del Novecento di Milano ha inserito una sua opera nell’ambito della riorganizzazione del percorso museale. Alla carriera artistica ha affiancato quella di docente, insegnando pittura nelle Accademie di Belle Arti di Carrara, Bari, Venezia e Firenze. Guarneri è inoltre Accademico Emerito per l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze.