Dopo la preview di stanotte, appena passata la mezzanotte è stato suonato il Silenzio di Ordinanza per tromba sola in memoria dei morti dell’Alluvione oggi alle 18.00 ci sarà l’apertura ufficiale della mostra “Da Cimabue in qua” L’Accademia e i professori del Disegno nell’alluvione del 1966” nella sala delle esposizioni dell’’Accademia delle Arti del Disegno in Piazza S. Marco.
Le acque fangose dell’Arno raggiunsero l’Accademia delle Arti del Disegno, proprio dove è stata allestita la mostra, intorno alle 16.00 del 4 novembre, invadendo anche i sotterranei dove si trovavano molte opere. Il fango travolse tutto, archivio storico, disegni, progetti, dipinti e sculture, per alcuni non ci fu niente da fare, gran parte del patrimonio però fu salvato anche se ancora oggi ci sono opere che attendono di essere restaurate come il “Boccaccio che legge Dante” di Stefano Ussi del 1854 il ritratto ottocentesco di un presidente dell’Accademia, ambedue in mostra che portano i segni di interventi affrettati per salvaguardare la perdita di colore.
Complessivamente per l’Accademia i danni furono stimati intorno ai venticinque milioni di lire. Ad essere danneggiata fu l’arte fiorentina, rappresentata dall’Accademia a partire da Cimabue, il cui crocifisso in Santa Croce divenne simbolo dell’alluvione e il suo recupero l’eccellenza e la rinascita fiorentina attraverso il restauro affidato ai restauratori della Soprintendenza tra cui Vittorio Granchi che viene celebrato nel cuore della mostra con gli strumenti e i documenti originali.
Al centro della sala una lunga asta rossa, oltre sette metri, l’altezza che raggiunse l’acqua in Santa Croce e accanto le teche a formare una croce illuminata, l’altezza, in questo caso, è quella che invece fu raggiunta qui in S. Marco. Curata da Cristina Acidini, Giulia Coco e Enrico Sartoni con l’allestimento dell’Architetto David Palterer e Vincenzo Medardi e il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, la mostra di cui vi mostriamo in anteprima delle immagini, si snoda sotto l’egida di Cimabue con l’esposizione di gessi, dipinti e altre opere alluvionate, alcune restaurate, altre in attesa di esserlo ripercorrendo i giorni drammatici successivi all’alluvione, per la prima volta si rende omaggio anche all’ambiente artistico fiorentino dell’epoca stimolato dall’evento disastroso.
Fu la generazione dei trentenni a confrontarsi con il tema dell’alluvione,con la cartella litografica che fu una delle prime edizioni legate a una raccolta di fondi per gli alluvionati. Nell’ambito della mostra sarà presentato anche il film documentario “1966 . Semiologia di un’alluvione” di Massimo Becattini e Leandro Giribaldi.
“ Aprirà stanotte – ha detto Cristina Acidini presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno – all’inizio del giorno, il 4 novembre, per ricordare l’esondazione a monte e a valle, questa mostra che abbiamo organizzato in collaborazione con l’Opera di Santa Croce, nel nome di Cimabue e del restauro del crocifisso. Il patrimonio dell’accademia fu colpito e solo in parte restaurato, tanti i giovani artisti che da un evento così drammatico trassero materia di ispirazione.
“Nell’allestimento – ha sottolineato l’architetto David Palterer – ci siamo ispirati a in particolare a due momenti, l’orario dell’apertura, poi abbiamo concentrato le sculture verso l’uscita quasi fossero risucchiate dall’acqua, mentre in posizione centrale la croce, l’inizio della pittura occidentale e con il restauro operato da Granchi e la ricomposizione dei pezzi la nascita di una nuova tradizione nel campo del restauro. La croce di luce è la speranza della continuità che è reale”.
I materiali inediti che illustrano il lavoro svolto da Vittorio Granchi sono stati messi a disposizione dall’archivio Studio Granchi.