Si dice che tre sia il numero perfetto. Doveva pensarla così anche Giacomo Puccini quando decise di riunire in un grande pannello lirico tre atti unici di diverso carattere. Approda sul palcoscenico del Teatro del Maggio il 15 novembre alle 20 (altre recite: 17 novembre ore 15:30; 20 e 23 novembre ore 20) il Trittico pucciniano per eccellenza, Il tabarro/Suor Angelica/Gianni Schicchi in un nuovo allestimento del Teatro del Maggio in coproduzione con il Teatro del Giglio di Lucca e il Teatro Lirico di Cagliari. Sul podio a dirigere l’Orchestra e il Coro del Maggio Musicale Fiorentino, il maestro Valerio Galli mentre la regia è affidata Denis Krief. Le recite del Trittico pucciniano sono dedicate alla memoria del grande Rolando Panerai che soprattutto del Gianni Schicchi fu un interprete mirabile sia al Maggio Fiorentino che nei teatri di tutto il mondo.
Il Trittico pucciniano rappresenta un grande impegno produttivo per tutti i teatri, per questo non è così frequente vederlo nei cartelloni non solo italiani ma addirittura in quelli internazionali. Al Maggio è stato programmato solo tre volte prima di questa ultima produzione: nel dicembre 1955/gennaio ‘56, nel giugno 1983, e nel giugno del 1988. Oltre all’Orchestra, al Coro e al Coro di voci bianche, saranno 40 gli artisti impegnati sui tre titoli (13 dei quali provengono o stanno attualmente frequentando l’Accademia del Maggio). Tra i nomi degli interpreti nei ruoli principali Maria José Siri, Anna Maria Chiuri, Marina Ogii, Anna Malavasi, Bruno de Simone, Angelo Villari, Franco Vassallo.
Dopo l’affermazione di Cavalleria rusticana l’atto unico era diventato di moda e Puccini stesso vi si era già cimentato a inizio carriera con Le Villi. Dal debutto del primo frutto del suo ingegno erano passati quasi trent’anni quando il compositore fu ispirato dalla pièce teatrale La houppelande di Didier Gold. Decise di ricavare un’opera di dimensioni ridotte, un atto unico che nelle intenzioni iniziali avrebbe dovuto affiancare le rappresentazioni delle Villi. Il librettista incaricato di versificare il dramma noir fu Giuseppe Adami, che nel giro di due anni congedò Il tabarro. Nel frattempo un altro librettista, Giovacchino Forzano, aveva proposto a Puccini due soggetti da mettere in musica: la storia di una giovane aristocratica costretta a farsi monaca per espiare un peccato d’amore e le farsesche trovate di Gianni Schicchi, un briccone fiorentino citato da Dante nella Divina Commedia per aver falsificato un testamento. Nella mente di Puccini iniziò a prendere corpo l’idea di tre atti unici dai colori contrastanti, un affresco operistico tripartito il cui equilibrio sarebbe stato garantito da tre registri teatrali differenti: tragico e passionale il primo, lirico e religioso il secondo, comico e farsesco il terzo. Fu così che tra il 1917 e il 1918 il Forzano mise in versi Suor Angelica e Gianni Schicchi, che insieme al Tabarro formeranno il polittico di atti unici battezzato poi come Trittico. La nuova creatura pucciniana fu tenuta a battesimo al Metropolitan di New York il 14 dicembre 1918. L’accoglienza del pubblico fu tiepida, eccezion fatta per Gianni Schicchi che da subito riscosse un grande successo.
Il tabarro è un dramma violento da grand-guignol ambientato nella Parigi di inizio XX secolo. Il protagonista, Michele, è il proprietario di una chiatta sulla Senna, uomo infelice e rassegnato a una vita di fatiche e privazioni. La giovane moglie di lui, stanca della squallida esistenza offertale dal marito battelliere, intreccia una relazione clandestina con Luigi, uno degli scaricatori che lavora sulla chiatta. Ma Michele è un marito geloso, e una volta scoperta la tresca tra i due, uccide l’amante e lo avvolge nel suo tabarro per gettarlo ai piedi della moglie fedifraga. Il triangolo amoroso marito-moglie-amante che finisce in tragedia è storia nota, qui resa ancor più amara dall’ambientazione desolata e da personaggi dei bassifondi urbani mossi da istinti primari. Puccini li ritrae in musica con grande realismo seguendone come in presa diretta le vicende: la sua scrittura si ammanta di aspre dissonanze e cupi contrasti timbrici, lunghi passaggi in declamato o in arioso che sovrastano il consueto slancio lirico.
Ambientata in un convento nei pressi di Siena alla fine del XVII secolo, Suor Angelica è la triste storia di una giovane costretta dalla famiglia alla vita monastica per riparare allo scandalo di un amore proibito. Dalla peccaminosa relazione è nato un bambino, di cui Angelica ignora da anni la sorte. L’inaspettata visita in convento della zia Principessa risveglia in lei la speranza ma l’anziana donna è giunta fin lì solo per chiedere alla nipote di rinunciare al patrimonio in favore della sorella e per annunciarle con spietata freddezza che il bimbo è morto da anni. Angelica non regge al dolore, la notizia della morte del figlio è per lei il colpo fatale che la spinge a darsi la morte con una bevanda velenosa. Il mondo di solitudine di Angelica è tratteggiato da Puccini attraverso sonorità cameristiche e tessiture timbriche leggere. La dimensione claustrale in cui vive è animata da sole voci femminili, da rintocchi di campane e da scale modali che ne sottolineano la lontananza incolmabile da tutto.
Puccini siglò il suo Trittico con Gianni Schicchi, un’opera piena di verve che fungeva da contraltare alle due storie tragiche. L’azione si svolge a Firenze nel 1299. La famiglia Donati è in fibrillazione dopo la morte del parente Buoso che pare abbia destinato la cospicua eredità a un convento. Per trovare una soluzione viene interpellato Gianni Schicchi, noto in città per astuzia e sagacia. Da vero deus ex machina, il protagonista si finge Buoso morente ma nel dettare le sue ultime volontà al notaio intesta i beni più preziosi ‘all’amico devoto’ Gianni Schicchi, suscitando l’ira degli avidi parenti. Tuttavia la truffa è dettata da un fine nobile; così facendo Gianni assicura una bella dote alla figlia Lauretta che potrà sposare Rinuccio Donati con buona pace dell’altezzosa famiglia. Per Puccini Gianni Schicchi rappresentò una felicissima incursione nel genere della commedia. Il successo immediato dell’ultimo capitolo del Trittico risiede infatti nell’amalgama di ingredienti della tradizione comica sapientemente dosati dal compositore toscano: ensemble vocali caratteristici e spassosi, scrittura brillante e un ritmo serratissimo che conduce a un finale da applausi.
Il trittico è inserito in una intensa programmazione dedicata dal Maggio a Giacomo Puccini lungo i mesi di novembre e dicembre. Oltre a Il tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi, che compongono infatti il trittico, in novembre sono previsti i due titoli per i giovanissimi e per le scuole realizzati da Manu Lalli, Ciak! Bohème – una prima assoluta – al Teatro Goldoni a partire da 5 novembre per 9 recite e La stagione dei fiori (i due titoli sono tratti da La bohème) e destinato agli spettacoli del 3° ciclo del Maggio metropolitano a partire dal 13 novembre che toccherà moltissimi comuni della città metropolitana. In dicembre a cavallo del periodo natalizio dal 14 dicembre e fino al 5 gennaio è prevista la ripresa di La bohème. (Ciak! Bohème e La stagione dei fiori sono due nuove produzioni del Maggio realizzate con la collaborazione dell’Assessorato all’educazione del comune di Firenze, la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, l’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino e Venti Lucenti)
La prima rappresentazione del 15 novembre 2019 sarà trasmessa in diretta da Rai Radio 3