I nipoti del Re di Spagna ritratti da Anton Raphael Mengs a Palazzo Pitti

 

Inaugurata lo scorso settembre nella Sala delle Nicchie a Palazzo Pitti la mostra dedicata alla ritrattistica di corte che ha come protagonista Anton Raphael Mengs ( 1728-1729) , pittore ufficiale  di Carlo III di Spagna, ha preso spunto da una acquisizione importante avvenuta lo scorso anno, un dipinto “non finito” che ritrae Ferdinando e Maria Anna, due dei figli di Pietro Leopoldo di Lorena, arciduca d’Austria e di Toscana e di Maria Luisa di Borbone, abbigliati con vesti contemporanee, lui in abito rosa con fusciacca in vita e cappello piumato tra le mani e lei in veste verde brillante. Ritratti in una posa informale e con molta probabilità all’interno di Palazzo Pitti, nello sfondo una poltrona rivestita in velluto e una tenda rossa, forse durante un momento di riposo dopo aver giocato nel Giardino di Boboli. Disperso nel mercato antiquario, del dipinto si erano perse le tracce.

 «Compito di un museo vivo è tutelare le opere, preservare la memoria, trasmettere cultura attraverso mostre e ricerche, ma anche “far respirare” le collezioni con aggiunte mirate, intimamente connesse alle vicende della città, del territorio, della raccolta stessa in cui si verranno a trovare. Gli acquisti, specie se cosi sottilmente motivati, sono parte fondamentale dell’esistenza di una istituzione museale, tanto più se essi sono frutto di ricerche che ne garantiscono sia la provenienza, sia un dialogo fecondo con il patrimonio preesistente.» ha affermato il direttore delle Gallerie degli Uffizi  E. D. Schmidt.

 

Quando questo ritratto, incompiuto, è comparso sul mercato antiquario l’intenzione è stata subito di assicurarlo alle collezioni delle Gallerie degli Uffizi, per esporlo nelle sale di Palazzo Pitti. Infatti, se anche l’opera non fu completamente dipinta a palazzo Pitti da Anton Raphael Mengs, di certo nel grande palazzo fu progettata. La nuova acquisizione è giunta a buon fine anche grazie alle  agevolazioni generosamente rese dalla Galleria Virgilio di Roma, con una mostra che metta in luce l’ambito storico e artistico nel quale è stata dipinta.

Di origine boema, divenuto poi europeo di adozione e più precisamente italiano e spagnolo, Mengs aveva chiesto licenza al re Carlo III di Spagna di potersi recare a Roma a lavorare e a studiare ancora l’antichità e la grande pittura rinascimentale, Raffaello in primis, del quale portava il nome. Il re, che amava l’Italia e aveva rischiato di governare la Toscana ed era poi diventato re di Napoli, gli aveva concesso di fare quel viaggio a patto che gli inviasse da Firenze il ritratto dei giovani nipoti, nati dall’unione della figlia Maria Luisa di Borbone con Pietro Leopoldo di Lorena. Le tele, conservate presso il museo del Prado ed esposte in mostra, vennero dipinte tra l’aprile del 1770 e il gennaio 1771, durante il soggiorno dell’artista nel capoluogo toscano. I ritratti ci mostrano i giovanissimi figli di Pietro Leopoldo vestiti in abito di corte spagnolo e con le insegne della regalità , il Toson d’Oro, con l’abbigliamento tradizionale degli infanti, come ci narra la Gazzetta Toscana del 29 settembre 1770. Una volta terminati, prima di essere incassati e spediti alla corte spagnola, i dipinti furono esposti al pubblico a Palazzo Pitti, dove suscitarono grande ammirazione per la loro sfavillante tecnica pittorica e per l’efficacia della resa fisionomica.

Fu nella medesima occasione in cui Mengs dipinse i ritratti dei nipoti per il nonno e sovrano spagnolo, che dovette eseguire il quadro recentemente acquistato dalle Gallerie degli Uffizi, ritraente i medesimi piccoli nipoti Ferdinando e Maria Anna, ma con un taglio e uno spirito completamente diverso. Ai due bambini qui raffigurati, che si mostrano tra i più felici ritratti dell’artista, è conferito un taglio e uno spirito completamente diverso. Il loro abbigliamento è moderno e lo si esprime già nella scelta dei toni pieni e sonanti di verde e di rosa dei vestiti: di foggia maschile quello del principe, che tiene nella mano destra un cappello piumato, da passeggio o da caccia, introducendo nell’immagine una nota di toccante verità quotidiana, molto lontana dalla rigida e cerimoniosa impostazione dei ritratti ufficiali madrileni. E’ un dipinto che doveva piacere al gusto severo di Pietro Leopoldo, sovrano illuminista, riformatore, ‘moderno’ per non dire borghese tanto nella vita pubblica che in quella privata. A noi piace perché vi leggiamo la lezione pittorica di Velasquez, ma anche un approccio alla pittura che fa presagire Goya, grande ammiratore di Mengs, e fin’ anche Manet.

Ritrattista ufficiale della corte fiorentina, al servizio di Pietro Leopoldo, fu però un altro tedesco, naturalizzato inglese, Johann Zoffany. Di lui in mostra si espone il ritratto del primogenito Francesco, primo granduca di Toscana della stirpe lorenese, dipinto per spedirlo alla nonna paterna, l’imperatrice Maria Teresa, proveniente dal Kunsthistorisches Museum di Vienna. Smesso lo smagliante gonnellone turchino degli infanti spagnoli lo ritroviamo, nel cortile di Pitti, contro il maestoso bugnato, un piccolo uomo equamente diviso tra gli obblighi del governo, le armi, gli studi. Il bellissimo dipinto, anch’esso mai più tornato a Firenze da quando fu inviato a Vienna, ci mostra un fanciullo forse un poco malinconico, ma già conscio del suo destino imperiale.

In apertura della mostra ci sono poi le immagini dei nonni e dei genitori, oltre al padre, la madre Maria Luisa di Borbone,  e insieme a loro i cuginetti napoletani e parmigiani;  a congedo gli autoritratti dei due pittori dalle collezioni degli Uffizi. Il famoso eroico autoritratto di Mengs, immagine già sentimentalmente caricata se non ancora romantica, e quello sottilmente ironico di Zoffany con il suo piccolo cane, che, restaurato per questa occasione, si rivelerà per il pubblico una piacevole sorpresa.

La mostra a cura, come il catalogo edito da Sillabe, di Matteo Ceriana e Steffi Roettgen, è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con le Gallerie degli Uffizi e Firenze Musei rimarrà aperta al pubblico fino al 7 gennaio 2018.

Gli occhi dell’arte, nessuno ti ha mai guardato così per #laculturanonsiferma

“Gli occhi dell’arte” è il titolo del nuovo contributo video della Direzione Regionale Musei della Campania, pubblicato sul canale youtube del Mibact https://youtu.be/1owH2keLlOg per la campagna La Cultura non si Ferma, promossa dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il Turismo, dove dall’inizio dell’emergenza coronavirus i musei, i parchi archeologici e gli istituti autonomi statali continuano a fornire contributi audiovisivi di ogni genere per permettere alle persone di conoscere e ammirare da casa il patrimonio culturale nazionale.

Le immagini del breve filmato si soffermano su gli occhi dei personaggi raffigurati nei dipinti e scolpiti nelle sculture custodite nei luoghi della cultura in Campania. Gli sguardi dolci, sognanti, languidi, intensi, gelidi, malinconici, tristi, allegri e sognanti appaiono così nei dipinti di Antonio Mancini “O Prevetariello” e “Ritorno da Piedigrotta” esposti alla Certosa di San Martino;  nella Testa di Dionisio del II Sec D.C. del Museo di Teano; in quello di “Maria Antonietta di Baviera, Elettrice di Sassonia” ad opera di Mengs Anton Raphael  nel Palazzo Reale di Napoli; nella testa della “Gorgone” del Museo di Pontecagnano a Salerno; nel dipinto di Antonio Criscuolo “Autoritratto con sigaretta” conservato presso il Museo del Novecento – Castel S. Elmo; nel “Guardiano della casa” di Gianni Pisani; nell’affresco della “Personificazione della luna” del Mitreo di Santa Maria Capua Vetere; nel “Ritratto di Diefenbach” di Ettore Ximenes della Certosa di San Giacomo a Capri; nel “Ritratto di Lucia Migliaccio di Vincenzo Cappuccini del Museo Duca di Martina e di Villa Floridiana e nell’Antefissa di Maschera Gorgonica, del IV secolo A.C. del Museo Archeologico Nazionale dell’Antica Capua.

Questa è solo una parte dell’immenso patrimonio storico artistico della Campania che torneremo ad ammirare da vicino appena le condizioni lo permetteranno.

In questo periodo in cui musei, parchi archeologici, biblioteche, archivi, teatri, cinema sono chiusi a causa dell’emergenza coronavirus, il Mibact grazie a un impegno corale di tutti i propri istituti, mostra così non solo ciò che è abitualmente accessibile al pubblico, ma anche il dietro le quinte dei beni culturali con le numerose professionalità che si occupano di didattica, conservazione, tutela, valorizzazione. Attraverso il sito e i propri profili social facebook, instagram e twitter il Ministero rilancia le numerose iniziative digitali in atto.

Sulla pagina La cultura non si ferma https://www.beniculturali.it/laculturanonsiferma, in continuo aggiornamento, sono già presenti diverse iniziative dei luoghi della cultura statali.

 

 

Conferenza di Steffi Roettgen all’Accademia delle Arti del Disegno “Ciò che accade a Roma ogni giorno…”

Martedì 17 aprile alle ore 17.00  nell’ambito del ciclo di conferenze “Le età del Disegno” nella Sala Adunanze della Accademia delle Arti del Disegno in via Orsanmichele 4 a Firenze si terrà una conferenza della Prof.ssa Steffi Roettgen  una delle massime specialiste della cultura figurativa neoclassica con i suoi studi su Winckelmann, Mengs e Canova ed è Accademica Ordinaria della Classe di Storia dell’Arte. Durante la conferenza “Ciò che accade a Roma ogni giorno”: la causa Winckelmann – Giovanni Casanova alla luce di nuovi documenti, che si inserisce nel programma di conferenze “Le età del Disegno“, organizzato dalla Prof.ssa Enrica Neri Lusanna, Presidente della Classe di Storia dell’Arte dell’Accademia delle Arti del Disegno, Steffi Roettgen parlerà delle dinamiche del mercato antiquario romano con Winckelmann e Mengs come protagonisti.

Questo l’incipit della conferenza “Dietro falsificazioni clamorose spesso si nascondono fatti complessi e reati oscuri, se non cupi. Se oggi, visti i prezzi esorbitanti e la decrescente disponibilità di originali sono gli ambìti maestri dell’arte del XX secolo a mantenere vivi gli affari dei falsificatori e il mercato d’arte, nel Settecento invece, erano le sculture e i dipinti antichi, tanto richiesti quanto costosi, a chiamare in campo i falsari. Durante il Settecento, la piazza più importante per la produzione di falsi era Roma, circostanza dovuta, principalmente, alla condizione di Roma come meta principale del Grand Tour, ovvero dei giovani milord britannici, perlopiù immensamente ricchi. Spesso il confine tra restauro e falsificazione oscillava, poiché gli scavi portavano alla luce solo un numero limitato di sculture intatte, ma in compenso tanti frammenti che si prestavano ad essere ricomposti mediante le abilità artistiche, una certa perizia antiquaria e un quantum di fantasia, ai fini di generare statue complete e quindi maggiormente vendibili e promettenti affari lucrativi. Negli artisti e artigiani che in quel modo ottenevano guadagni, non era, quindi, particolarmente sviluppata la sensibilità per i loro atti illeciti. Ne rende eloquente testimonianza la dichiarazione di Giovanni Battista Casanova apparsa, nel 1766, nella rivista Hallische Neue Zeitungen. Motivo di questa pubblicazione era un breve articolo di giornale, nel quale Winckelmann aveva aggredito violentemente Casanova perché questi gli avrebbe, con intenzioni ingannevoli, rifilato due falsi, in precedenza da lui pubblicati e commentati nel 1764 nella Geschichteder Kunstdes Alterthums. I due disegni erano, secondo Winckelmann, copie di due dipinti venduti in Inghilterra, provenienti da un luogo vicino a Bolsena tenuto segreto, che dopo il loro distacco erano stati montati e copiati da Casanova”. 

Viaggio tra i tesori dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, per la prima volta visibili al pubblico

Qui in una sala al primo piano è esposta una “Madonna col Bambino e angeli” di Filippino Lippi, il tondo più grande mai realizzato, 173 cm di diametro che si impone per la sua maestosa bellezza. La Madonna tiene tra le braccia il Bambino che con la mano raccoglie dei fiori portati in dono da una angelo, mentre sull’altro lato tre angeli intonano un canto trascritto e leggibile  su un rotolo musicale. Non siamo in museo,  anche se le opere ne avrebbero la valenza, infatti non ci sono cartellini ad annunciare le opere, non spazi dedicati all’arte ma al lavoro quotidiano in cui l’arte nel tempo si è felicemente inserita costruendo un dialogo con un rapporto inscindibile tra il palazzo e la città di Firenze.

Dal piano terra al primo piano, dallo scalone monumentale all’ultima sala riunioni, passando per corridoi, saloni, sale d’attesa e perfino all’ufficio del presidente, un viaggio nell’arte della preziosa collezione  dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze nella sede di Via Bufalini, la più importante tra le collezioni delle fondazioni bancarie che per la prima volta si apre al pubblico con il progetto “In Collezione” da sabato scorso,  in occasione de “Invito a Palazzo” l’evento promosso dall’Associazione Bancaria Italiana,  ad accompagnarci in questo viaggio tra i capolavori  dell’arte, dal XIII al XX secolo, fino al 15 gennaio  saranno delle guide e solo su appuntamento ( prenotazioni al n. 055.5384001, incollezione@entecrf.it)

 Una selezione delle opere più preziose di una collezione che vanta 900 opere tra dipinti e sculture, oltre a migliaia di disegni e litografie per un valore complessivo valutato in 36 milioni di lire. Una collezione che si è formata nel corso del Novecento da parte della Cassa di Risparmio di Firenze e che tra il 2000 e il 2001 è stata rilevata dall’Ente Cassa per evitarne la frammentazione ma soprattutto  impedire la dispersione di  opere legate alla storia di Firenze, anzi ampliandola in questa direzione  con nuove acquisizioni che l’hanno ulteriormente arricchita.

Tra le opere più preziose, nella sala riunioni 1 al primo piano, che è stata dedicata ai fondi oro, alcuni dei quali protetti in moderne casse vetrate che ne garantiscono la conservazione e la sicurezza, spiccano i due piccoli tondi,  “ San Francesco”  e “ San Giovanni Battista”, probabilmente provenienti da una predella di un’opera di Giotto che nonostante le ridottissime dimensioni , pochi centimetri per lato, testimoniano la potenza artistica di un  grande rivoluzionario di cui il prossimo anno ricorreranno i  750 anni dalla nascita. Altre preziose rarità in questa sala con l’opera più antica una “Madonna col Bambino” della seconda metà del XIII secolo di Rinaldo da Siena, il trittico di Pacino di Bonaguida e altri grandi nomi dell’arte antica e rinascimentale,  Barnaba da Modena, Jacopo del Casentino, Gherardo Starnina, Mariotto di Nardo, Giovanni dal Ponte, Paolo Schiavo, mentre il Santo Domenicano del Beato Angelico che fa parte della collezione è in comodato d’uso al Museo di San Marco.

Il progetto scientifico dell’esposizione è stato curato da Carlo Sisi che riveste la carica di direttore della Commissione Tecnica Arte interna all’Ente di cui fanno parte anche Raffaello Napoleone e Ludovica Sebregondi e si sviluppa attraverso i secoli per arrivare alle esperienze dei macchiaioli e naturalisti, Fattori, Borrani, Cecconi, fino ai grandi maestri del Novecento, Viani, Primo Conti, Soffici, Colacicchi presente con il restaurato affresco del 1948  che decorava il Caffè Gambrinus che raffigura “Allegoria della danza e della musica per un cinematografo” , mentre la visita è preceduta da una video installazione di ArtMediaStudio.  Ieri la conferenza stampa del progetto che oltre all’apertura al pubblico ha riguardato anche gli aspetti più nascosti, quelli legati alla catalogazione e alla conservazione dell’intera collezione dell’Ente, un’operazione del valore di trecento mila euro. “Questa iniziativa ha un valore simbolico – ha detto  Umberto Tombari – presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze – per la prima volta la nostra sede e la nostra collezione si apre al pubblico. La Fondazione si apre alla città per mostrare non solo la collezione ma anche il nostro lavoro di ente non profit”. 

“ E’ una grande occasione per la godibilità di capolavori raccolti negli anni – ha detto il Soprintendente Andrea Pessina- L’Ente ha deciso di condividerli con il pubblico e ha fatto un passo avanti nella conservazione così le opere saranno consegnate al futuro. Un grande patrimonio che serve da monito come le belle vedute di Firenze che ho potuto vedere in anteprima con Carlo Sisi, cuore pulsante dell’operazione, non posso che lodare questa iniziativa”. “E’ doveroso riconoscere un’iniziativa straordinaria – ha commentato Michele Coppola responsabile del patrimonio artistico e culturale di Banca Intesa – per il significato che ricopre e che è insito nel concetto di apertura. Apertura e condivisione, due principi messi in atto  da Banca Intesa che da anni ha trasformato alcuni luoghi di lavoro  e reso fruibili al pubblico le sue collezioni con l’iniziativa Gallerie d’Italia”.

Una collezione straordinaria quella di Banca Intesa che ammonta a 20.000 opere, di cui la metà di grande valore documentato e  oltre tremila del Novecento, oltre al progetto Restituzioni che dal 1989 si occupa del recupero di opere d’arte, tra gli ultimi realizzati quello delle vetrate del Duomo di Firenze. “ L’evento espositivo è anche un’occasione per schedare e catalogare – ha detto Marco Cammelli responsabile della Commissione Arte e Cultura di ACRI – un lavoro che non si vede ma che è fondamentale. In Italia 60 fondazioni su 88 hanno 75 collezioni d’arte, un patrimonio immenso e di grande interesse fruibile anche in rete, 600 opere dell’Ente Cassa di Firenze si trovano sul web con la loro schedatura. Questa esperienza di cooperazione con la Sovrintendenza sarà un esempio  da seguire a livello nazionale”. Il patrimonio dell’Ente vanta anche il Museo Annigoni, una raccolta di opere barocche e gli affreschi di Ottone Rosai a S. Maria Novella, ha fare questa precisazione Carlo Sisi “ La raccolta dell’Ente, sin dall’inizio – ha detto – aveva lo scopo di creare un fulcro parallelo per la conoscenza e la salvaguardia della città, un percorso narrativo della città e dell’istituto, opere di paesaggio ed opere novecentesche, ecco che la mostra si apre con una veduta della piazza del Mercato Vecchio a Firenze di Filippo Napolitano e la statua di Giovan Battista Foggini, per proseguire nello scalone con i ritratti di Pietro Leopoldo e dell’Elettrice Palatina e del dipinto di Anton Raphael Mengs, protagonisti della svolta fiorentina e della sua internazionalità. La Firenze del settecento nella sala del presidente sino al Novecento con Viani, Primo Conti, Colacicchi. Un viaggio nell’arte e nella vita quotidiana grazie al Consiglio di Amministrazione, alla commissione tecnica e allo storico della collezione della fondazione Emanuele Barletti”. Un viaggio, altamente consigliato.